26 Dicembre 2019, 06:00
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PALERMO – La lotta alla mafia fa registrare continui successi. Vecchi boss e nuove reclute finiscono in carcere con cadenza continua. Manca all’appello il solo latitante Matteo Messina Denaro.
Il 2019 è stato, ancora una volta, un anno di blitz e processi. È iniziato quello sulla nuova cupola palermitana azzerata mentre tentava di risorgere nella stagione del dopo Riina. Nel 2020 ci sarà la sentenza.
A Catania c’è stato un forte scossone ai piani alti della mafia, con Enzo Mangion, il figlio di Ciuzzu u Firraru, Francesco Mangion, arrestato insieme ad altri pezzi da novanta del clan Ercolano: avrebbero portato avanti operazioni finanziarie negli interessi dei boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, mandante dell’omicidio Fava. Con loro sono stati arrestati anche colletti bianchi insospettabili, anello di congiunzione con un mondo che ha conservato, negli anni, la sua potenza, mentre si conclude un 2019 di fuoco in vista di un 2020 che potrebbe presentare, ancora, numerose sorprese.
Non solo Cosa Nostra, però. Le principali Procure siciliane hanno fatto emergere sistemi illeciti di gestione del potere, laddove burocrazia, politica e imprenditoria trovano la sintesi in nome del malaffare.
Il 2019 è stato l’anno della condanna di Antonello Montante. Nel 2020 si attende la sentenza di appello per l’ex potente esponente di Confindustria e la sua presunta rete di spionaggio. Ma sarà anche l’anno in cui si chiuderanno le indagini della Procura di Caltanissetta sul filone che coinvolge alcuni esponenti politici. Fra gli indagati ci sono l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta e gli ex assessori regionali alle Attività produttive Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, nonché l’ex commissario Irsap, Maria Grazia Brandara, oltre che alcuni imprenditori. Le ipotesi di reato, a vario titolo, riguardano l’associazione a delinquere, la corruzione, l’abuso d’ufficio e il finanziamento illecito ai partiti.
A proposito di corruzione, l’anno che si chiude ha svelato il volto marcio della burocrazia. A Palermo hanno patteggiato Vito Nicastri, il ‘re del vento’, pronto a pagare tangenti da 500 mila euro per ottenere il via libera alla costruzione dei suoi impianti di energie alternative. Dirigenti e funzionari regionali sono imputati assieme a Paolo Arata, un personaggio che ha portato l’indagine fin dentro i palazzi del potere romano.
Sempre a Palermo hanno patteggiato alcuni indagati dell’inchiesta sul patto corruttivo siglato al Provveditorato Opere pubbliche di Palermo. Sono pure finiti sono sotto processo gli imputati per il presunto giro di mazzette che ruotava, fra Trapani e Palermo, attorno alle compagnia di navigazione della famiglia Morace.
A Catania ci sono più di cento indagati eccellenti al termine di un 2019 di fuoco per i piani altissimi del potere, falcidiati da inchieste giudiziarie, sospetti e accuse, in alcuni casi pesanti. Dalla sanità al mondo dell’università, dal Comune di Catania agli appalti dell’Anas, passando per la politica locale e regionale, per non parlare della zona grigia, dove esponenti della mafia e colletti bianchi si incontrano per rinnovare antichi patti tra boss.
Un cuore malato, quello del sistema sanitario, fatto di scambi di favori e regalie. Quando a febbraio è scattata la maxi inchiesta sulla sanità, 17 tra primari e amministratori di vertice delle principali aziende etnee sono finiti nella maglia della Procura di Catania. Tra i coinvolti il primario Giuseppe Morgia, ma anche suoi stretti collaboratori. Un’inchiesta della guardia di Finanza, basata sulle intercettazioni di alcuni imprenditori, come Massimiliano Tirri e Antonino Di Marco della Bua Srl. Indagati anche componenti delle commissioni di gara: le procedure sarebbero state truccate in cambio di viaggi, grazie anche a fotomontaggi che hanno pilotato le gare di bacino.
Il cuore della formazione è finito agli atti dell’inchiesta “Università bandita”. Tre rettori coinvolti, 27 concorsi truccati. Indagato anche l’ex procuratore capo di Catania Vincenzo D’Agata, per il concorso che interessava la figlia e la sua partecipazione a incontri con l’ex rettore di Catania Francesco Basile. Anche in questo caso, bandi costruiti a tavolino, professori designati in base ai rapporti di forza, alle amicizie. Un’università fatta da una “elite”, governata da una “cerchia ristretta di famiglie”, come amava definirla l’ex rettore Basile, immortalato dalle cimici della Digos mentre si accerta, con il suo predecessore, se la stanza in cui avveniva il “passaggio di consegne” fosse stata “bonificata”. In totale 40 indagati.
Sempre la guardia di finanza ha scoperchiato il sistema di tangenti nella sede etnea dell’Anas. Tre ondate di arresti, vertici decapitati e coinvolti imprenditori siciliani di spessore. In totale oltre 30 indagati e le indagini non sono state ancora concluse. Documentata la consegna di tangenti con fiumi di soldi contanti, mentre le imprese, grazie agli occhi chiusi di chi avrebbe dovuto vigilare, eseguivano lavori scadenti, ricavando, in nero, soldi da spartire, sempre a tavolino, sempre tra una cerchia ristretta.
Cinque anni di bilanci taroccati, la finanza ha chiuso le indagini sulla gestione dell’ex sindaco Enzo Bianco. Indagati tutti gli ex assessori di centrosinistra e i revisori contabili. Sarebbero stati consapevoli di aver falsato le poste di bilancio, finanza creativa. Oltre 20 indagati: si dichiarano estranei e il processo non è ancora iniziato.
Ci sono stati tre Comuni sciolti per mafia e numerosi amministratori decapitati dalle indagini. Colpiti pezzi da novanta del Pd, dall’ex colonnello Raffaele Pippo Nicotra, al sindaco di Bronte Graziano Calanna. Sciolti i Comuni di Trecastagni, Aci Catena e Misterbianco grazie anche alle indagini della Dia guidata, fino a qualche mese fa, da Renato Panvino. A Misterbianco è stato anche arrestato il vicesindaco del Pd, Carmelo Santapaola, favoreggiamento alla mafia, intercettato con il suo capo corrente, Luca Sammartino, in una chat chiamata “fratellanza”, al centro ci sono presunti favori e interessamenti anche per appalti. E con Sammartino, “fiducioso nella magistratura” e certo di poter “chiarire ogni cosa” è arrivata l’ultima tranche di indagati, per 11 episodi corruttivi, corruzione elettorale. Sfiorata dalle indagini anche la senatrice Sudano, ma la sua posizione sarebbe in corso di archiviazione. Non solo centrosinistra, il centrodestra è col fiato sospeso in attesa della sentenza del processo sui rimborsi elettorali al sindaco di Catania Salvo Pogliese, sotto processo a Palermo per la gestione dei fondi al gruppo dell’assemblea regionale di Forza Italia, che si è detto sempre estraneo alle accuse, mentre si è concluso con una prescrizione il processo, durato 7 anni, nei confronti dell’assessore al turismo Manlio Messina, imputato per il rimborso dei permessi da dirigente commerciale di un’azienda di sughi pronti.
La Procura di Messina ha scoperchiato il pentolone maleodorante del Sistema Siracusa e lo ha portato a processo.
Bastava pagare tangenti per pilotare le sentenze della giustizia amministrativa. La figura attorno a cui ruotava tutto era l’avvocato Piero Amara ma tanti altri colletti bianchi sono stati coinvolti. Colletti bianchi e pure toghe, come quella dell’ex pm della procura siracusana Giancarlo Longo, ormai condannato con sentenza definitiva.
Sempre a Messina la Procura ha messo sotto inchiesta due publici ministeri che gestirono il falso pentito Vincenzo Scarantino. Una costola importante delle indagini sul depistaggio nella strage di via D’Amelio.
Ed è di pochi giorni fa il blitz che ha svelato il ritorno al potere in città di alcuni ex pentiti di mafia che hanno goduto del programma di protezione.
A Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta si lavora sotto traccia. Il 2020 sarà un anno di inchieste pesanti su tutti i fronti. C’è un livello mafioso superiore, che si è volutamente smarcato dall’ala militare fiaccata dagli arresti e che ha ormai preso le sembianze di una mafia di borgata. E ci sono politici, dirigenti e funzionari che hanno fatto affari sporchi. È una pentola a pressione pronta ad esplodere nel 2020, che sarà l’anno di due sentenze importanti.
Si concluderanno il processo a Silvana Saguto e agli altri imputati travolti quattro anni e mezzo fa dallo scandalo sulla gestione dei beni sequestrati e delle misure di prevenzione, e il processo di appello sulla trattativa Stato-Mafia, chiuso in primo grado con una stangata per tutti gli imputati.
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26 Dicembre 2019, 06:00