18 Ottobre 2014, 06:00
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PALERMO – “Nelli non si tocca”. Non c’è conciliabolo privato, cena, riunione notturna o diurna che sia, in cui Rosario Crocetta non lo ripeta ai suoi interlocutori. Usando le stesse argomentazioni esposte nelle dichiarazioni pubbliche. “Sono altri a doversi dimettere, sono altri che dovrebbero essere sfiduciati. Nelli si è esposta per fare pulizia. Lì dove il mio partito invece…”. Così, raccontano, risponde a tutti il presidente in questi giorni fitti di incontri e trattative con qualche volenteroso “pontiere” della coalizione, per cercare di salvare quel che resta della maggioranza in vista della mozione di censura a Nelli Scilabra. I tentativi portati avanti da diversi esponenti del Pd per “togliere dall’imbarazzo il partito”, risparmiando ai democratici di doversi esprimere su un voto di censura a un assessore iscritta al Pd, non sono andati a buon fine. Si sperava in un passo della giovane assessore, un gesto che non è arrivato. Giuseppe Lupo prima e Davide Faraone poi hanno fatto anche dichiarazioni pubbliche in tal senso, ma il niet di Rosario Crocetta è stato ripetuto e ostinato. Nessun passo indietro di Nelli Scilabra. “Ho preso un impegno col presidente Crocetta – ha detto ieri l’assessore – finché lui mi vorrà con sé, non ho motivo di andare via”.
Dal cul de sac, insomma, al momento non si esce. Anche i riformisti moderati di Totò Cardinale hanno provato a fare la loro parte, dicendosi decisi a votare contro la mozione ma anche proponendo al presidente un “nuovo governo”, un rimescolamento delle carte che salverebbe la faccia al governatore ma disinnescherebbe la bomba Scilabra. Niente da fare. La mozione non ha più senso, ha detto il presidente annunciando ieri una serie di novità sul fronte della formazione.
E così, il famoso vertice di maggioranza di cui si è parlato nei giorni scorsi resta ancora una chimera. Al momento una data ancora non c’è, e non è neanche detto che il summit si farà prima del voto di censura. “Ci sono sia i tempi e che le possibilità reali affinché il Partito Democratico valuti nella sua interezza che la mozione di censura nei confronti dell’assessore Scilabra debba essere respinta con una posizione unanime del gruppo”, auspicava ieri il renziano Gianfranco Vullo, che preconizzava dopo questo passaggio il “varo di un governo più marcatamente politico”.
Ma la via della concordia auspicata da Vullo sembra ancora tutta da costruire. Le distanze tra il governo e i cuperliani del Partito democratico restano siderali. E a oggi un voto unanime del Pd a difesa dell’assessore appare improbabile. Domani è in programma una riunione degli amministratori del Pd, che potrà essere l’occasione per qualche ulteriore conciliabolo. Di certo, ricorrere un’altra volta alla melina, come ha fatto la conferenza dei capigruppo mercoledì, non sarà più possibile. Ieri il Tribunale di Siracusa ha proclamato gli eletti della mini tornata elettorale delle suppletive. Per l’Ars non ci sono più alibi.
L’Udc intanto resta fuori dalla mischia. “Nel gruppo ci sono diffuse perplessità sull’operato dell’assessore Scilabra, pur tenendo conto che si tratta di un assessorato difficile – spiega il segretario regionale Giovanni Pistorio -. E c’è una notevole pressione sui deputati da parte degli operatori del settore che sono in sofferenza da tanti mesi e vedono nell’assessore il responsabile. Ma siamo un partito serio, di maggioranza e conosciamo i vincoli che derivano dall’essere parte di una coalizione”. Fuori dal politichese, i centristi aspettano di capire cosa deciderà l’alleato Pd. “Mi sentirei di escludere un voto di sfiducia dell’Udc alla Scilabra, mi pare da molto improbabile”, aggiunge Pistorio.
Incertezza anche in Articolo 4, attraversato da malessere malgrado l’incontro chiarificatore con Crocetta della settimana scorsa. Il primo nodo da sciogliere però resta quello del Pd.
“Se il governo non brilla, il partito anche peggio”, commenta lapidario Giuseppe Lupo, che insiste sull’opportunità di convocare gli organismi ribadendo che “se è utile per ripartire nel migliore dei modi, ben venga l’azzeramento di tutte le cariche di governo e di partito”.
Punto e a capo, verrebbe da dire. Lo stallo è totale, sintetizzava ieri un dirigente di primo piano del Pd. Con Crocetta che difende la poltrona della Scilabra come la linea del Piave, il tappo a ogni possibile via d’uscita sembra insuperabile.
La partita della mozione, insomma, è quanto mai incerta. E se si dovesse andare al voto segreto, l’esito si farebbe ancora più imprevedibile. A complicare il pronostico c’è anche la spaccatura interna al centrodestra, che questa settimana si è diviso sulla scelta di rinviare il voto. Pesa la trattativa per l’elezione del nuovo vicepresidente dell’Ars. E per questo dopo Francesco Cascio anche Roberto Di Mauro, capogruppo dell’Mpa, ha chiesto di rivedere il calendario dei lavori d’Aula: “Per quanto riguarda la prosecuzione dei lavori, è evidente – ha detto ieri Di Mauro – che di fronte alle mozioni di censura individuale contro alcuni assessori e l’annunciata mozione di sfiducia al presidente che sarà illustrata il 21, è necessaria una revisione del calendario d’Aula, rimandando l’elezione del vice-presidente che ovviamente è un atto secondario rispetto alla rilevanza politica dei primi due”.
In questo contesto di muro contro muro, passa in secondo piano nel dibattito politico la grave emergenza di liquidità della Regione e le difficoltà nella stesura del nuovo bilancio. Sul quale si è abbattuto un ulteriore macigno, quello dei tagli alle Regioni decisi dal governo Renzi nella nuova legge di stabilità. Ma per piangere sui conti ci sarà tempo. Per ora si litiga su Nelli.
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18 Ottobre 2014, 06:00