06 Novembre 2013, 06:00
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FIUMEFREDDO DI SICILIA. “Pietro Battiati era un gran lavoratore, un ragazzo che si faceva rispettare e volere bene da tutti”. Con queste parole Santo Siciliano, titolare di un’azienda edile di Fiumefreddo di Sicilia, ricorda il 31enne deceduto ieri mattina all’ospedale “San Vincenzo” di Taormina, dopo essersi conficcato un coltello nell’addome. Poco prima il ragazzo con la stessa lama aveva sferrato un fendente alla gola della madre, la 59enne Angela Zappalà, uccidendola. “Al lavoro non aveva mai avuto problemi o screzi con nessuno – prosegue Santo Siciliano – Era una perla, sempre disponibile. Ieri mattina, quando non l’ho visto arrivare puntuale come sempre al lavoro, mi sono preoccupato. Ho pensato però che il ritardo fosse causato dal maltempo. Non avrei mai potuto immaginare – dice l’ormai ex datore di lavoro – quello che ho appreso poco dopo dai carabinieri. Sono rimasto sconvolto”.
Una tragedia che nessuno, vicini di casa compresi, riesce a spiegare. Erano circa le cinque quando Pietro Battiati ha confessato telefonicamente all’operatore della Questura di Catania di aver ucciso la madre, stanco di vederla ricevere in casa sconosciuti a cui prevedeva il futuro. I carabinieri della Compagnia di Giarre, intervenuti nell’abitazione di via Vittorio Emanuele III, hanno tentato per oltre 40 minuti di convincerlo a posare quel coltello. Ma il ragazzo, profondamente turbato, ha trovato il coraggio di affondare la lama contro se stesso. All’ospedale di Taormina, dove è arrivato in condizioni disperate, i medici hanno fatto il possibile per strapparlo alla morte. Lunghissimo l’intervento chirurgico, durante il quale il cuore si è fermato per due volte, a cui è stato sottoposto. Ma non c’è stato nulla da fare. I medici, poco dopo le 11, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso. Il coltello avrebbe reciso la vena cava, causando un emoperitoneo.
L’attività di veggente svolta in casa dalla donna avrebbe scatenato la violenta lite sfociata nel sangue. Ma forse questa ricostruzione, che è solo un’ipotesi, non basta a spiegare l’omicidio suicidio che ha turbato la piccola comunità di Fiumefreddo. In paese in pochi conoscevano Pietro Battiati, trasferitosi con la madre da Biancavilla da meno di due anni. Pochi amici, pochi svaghi, e qualche piccolo precedente penale legato a sostanze stupefacenti. “Era una persona molto riservata – racconta ancora Santo Siciliano – Con me, ma credo con nessun altro a lavoro, ha mai parlato della sua vita privata. Se avessi saputo che aveva problemi, avrei cercato di aiutarlo”.
Ma nessuno si era accorto di nulla. In quell’abitazione nel centro di Fiumefreddo, dove madre e figlio vivevano da soli, mai una volta erano stati chiamati ad intervenire i carabinieri. Nessuna discussione era mai degenerata in violenza. La donna, che percepiva una piccola pensione d’invalidità poiché ipovedente, parlava bene di quel ragazzo, era il suo orgoglio. Gli unici dissapori erano invece sorti con l’ex marito, non il padre naturale del 31enne già deceduto da tempo, ma il compagno con cui si era sposata in seconde nozze. L’uomo, rimasto disabile nel corso di un grave incidente, è tuttora ricoverato in un istituto di cura del comune ionico. Da circa un anno i due coniugi avevano intrapreso una battaglia legale poiché l’uomo non voleva riconoscere alla moglie la pensione di accompagnamento che le spettava per legge. Una battaglia vinta dalla donna, a cui l’Inps aveva corrisposto da poco gli arretrati.
Un clima familiare difficile ma nulla fino ad oggi sembrava aver intaccato il profondo rapporto che legava madre e figlio. Ma dietro quell’estrema riservatezza probabilmente si nascondeva una grande fragilità. Qualcosa di imperscrutabile, che forse non sapremo mai e che probabilmente non ha più senso sapere, ha armato la mano di Pietro Battiato fino al punto di togliere la vita alla persona che amava di più al mondo.
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06 Novembre 2013, 06:00