23 Dicembre 2017, 05:02
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CATANIA – “Dammeli tu 200 euro che non te lo ammazzo, allora, me li dai tu 200 euro?”. Duecento euro, il prezzo di una vita. Davide Garofalo, arrestato per omicidio aggravato, avrebbe pronunciato queste frasi rivolgendosi a uno degli autisti delle ambulanze sulle quali sono avvenuti, tra il 2014 e il 2016, cinquanta decessi sospetti. Ci sono verbali choc in mano agli inquirenti coordinati dal Procuratore capo Carmelo Zuccaro e dall’aggiunto Francesco Puleio; l’indagine è stata condotta dal Pm Andrea Bonomo e l’ordinanza di arresto è firmata dal Gup Bernabò Distefano.
Gli indagati sono tre: Davide Garofalo, Agatino Salvatore S. e Marco D. La Procura ha stretto il cerchio sugli episodi confermati da un testimone diretto, in alcuni casi si tratta di dipendenti della stessa società di gestione delle ambulanze che hanno deciso di collaborare con gli inquirenti e, prima ancora, hanno fornito preziose informazioni alle Iene di Italia 1. Il titolare della società che gestisce le ambulanze spiega ai magistrati che uno dei dipendenti gli avrebbe confidato che “il Garofalo in ambulanza prese una siringa per iniettare aria, l’autista provò a fermarlo, ma il Garofalo gli disse: <Allora me li dai tu 200 euro?”. Poi iniettò comunque l’aria facendo morire la persona. I soldi, i 200 euro, rappresentavano il compenso per la vestizione del defunto. In un altro verbale, il titolare delle ambulanze racconta di aver appreso direttamente da Davide Garofalo “quanto fosse stato difficile farlo morire”. Si trattava di un uomo di 55 anni. Ricordo che in più occasioni Garofalo mi diceva che lo stesso praticava le punture di aria senza specificare a chi le faceva, ma in un caso ricordo con certezza che nel 2015, quando morì durante il trasporto G.S. Padre di un mio amico, lo stesso Garofalo mi disse espressamente che era stato duro a morire e aveva dovuto fargli più punture. Ricordo con certezza che l’autista mi disse e confermò che personalmente aveva visto il Garofalo effettuare la puntura d’aria”.
L’autista dell’ambulanze della morte ha ammesso, interrogato dai magistrati, cosa accadeva durante i trasporti dei malati. “È accaduto più volte che mentre io guidavo – si legge nel verbale – la persona trasportata moriva mentre Garofalo stava dietro e ciò sempre con le stesse modalità e con la bava alla bocca del deceduto, ma solo in alcuni casi ho visto personalmente il Garofalo fare la puntura di aria perché io guidavo e non potevo stare girato sempre”. A questo punto il testimone cita quattro casi, ad essere ammazzati sarebbero stati anche i familiari di “amici”, che si erano rivolte alle ambulanze di Biancavilla per questioni di fiducia.
L’autista delle ambulanze ricorda di essersi ribellato durante il trasporto del padre di un “caro amico”, “mi ribellavo e chiedevo al Garofalo di non farlo, sentendomi rispondere <dammeli tu 200 euro che non lo ammazzo>, a detta risposta alzavo le spalle e dicevo che non avevo tale disponibilità di denaro”.
Sia Garofalo, che Agatino S., altro soggetto indagato per gli omicidi nelle ambulanze, “prima di iniettare l’aria in vena – ha detto il testimone – abbassavano il lenzuolo, alzavano leggermente la manica del braccio dove vi era l’ago della flebo. Inoltre venivano sempre usati i guanti in lattice che insieme alla siringa venivano gettati nel contenitore apposito”.
IL TRASPORTO – “Per essere più preciso ricordo che l’avambraccio sinistro era scoperto fino al gomito…posso altresì riferire che prima di iniettare l’aria in vena, sia il Garofalo che Agatino S. abbassavano il lenzuolo, alzavano leggermente la manica del braccio dove vi era l’ago della flebo. Inoltre venivano sempre usati i guanti in lattice che insieme alla siringa venivano gettati nel contenitore apposito”. A confermare questa ricostruzione, c’è la testimonianza del figlio di uno degli anziani che sarebbero stati assassinati: “Appena l’ambulanza si è fermata sotto casa, ricordo nitidamente che, entrando all’interno dell’ambulanza notavo che la parte sinistra del corpo di mio padre era scoperta, mentre tutta la restante parte del corpo era coperta, per essere più preciso ricordo che l’avambraccio sinistra era scoperto fino al gomito”. Avambraccio scoperto e morte improvvisa, si ripete tutto anche con una donna, la figlia non può dimenticarlo: “Ricordo che mia madre era salita a bordo dell’ambulanza con l’ago cannula in vena, del quale era sprovvista quando è salita in casa”.
Subito dopo l’omicidio, iniziava, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la “vestizione veloce del soggetto appena deceduto”.
Tutto sarebbe avvenuto in poco tempo, tanto che una signora, che aveva affidato il marito di 55anni all’ambulanza in cui lavoravano Garofalo e Agatino S., arrivata a casa lo trovava defunto e già vestito. “Appresa la notizia – racconta la signora – mi dirigevo immediatamente a casa ove trovavo io mio ex marito già all’interno dell’abitazione disteso sul letto e con due ragazzi già intenti alla vestizione”. In un altro caso sospetto, un’altra parente di un’anziana deceduta improvvisamente in ambulanza, ricorda che “i due ambulanzieri si sono occupati della vestizione”.
La speculazione sulla pelle dei defunti sarebbe arrivata al punto che, dopo il presunto omicidio dei malati, nelle loro abitazioni arrivava anche la cassa da morto, senza che nessun medico accertasse il decesso della vittima.
Agli atti ci sono anche le dichiarazioni del genero di un anziano che sarebbe stato ucciso in ambulanza, che inizialmente ha mentito ai magistrati, sostenendo che il suocero fosse morto in casa. In realtà, convocato la seconda volta dagli inquirenti, ha ammesso: “Ero molto preoccupato di quanto mi stavate chiedendo e quindi ho riferito in modo sbagliato le modalità della morte di mio suocero, effettivamente salivo a bordo dell’ambulanza insieme ai barellieri e ci recavamo nell’abitazione di mio suocero. Arrivati sul posto io scendevo subito dal mezzo per salire a casa e sistemare il letto in cui dovevamo poggiare mio suocero e lasciavo sotto i due giovani e ricordo che mio suocero era ancora in vita. Dopo qualche minuto salirono i due ambulanzieri in casa con mio suocero e mi comunicavano che lo stesso era morto. Sbalordito chiesi cosa fosse successo e gli stessi mi risposero che non sapevano cosa dire”.
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