16 Novembre 2019, 12:53
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Dopo decenni di analisi, dibattiti, riflessioni, esercizi di introspezione ed estroversione collettiva, studi e classifiche i siciliani adesso sanno qual è la radice dei loro annosi problemi, la causa della cattiva politica mai estirpata, del sottosviluppo, del malaffare, del clientelismo e dell’oppressione mafiosa: il voto segreto.
Sì, il voto segreto praticato nel Parlamento siciliano, un parlamento che senza questo cancro sarebbe il miglior consesso legislativo del mondo togliendo così il tappo che impedisce al governo regionale, oggi come ieri, di essere a sua volta straordinariamente produttivo.
Sparirebbero i cambia casacca, le scissioni, i tranelli, le imboscate, gli accordi sottobanco, lo scambio di “cortesie” tra traballanti maggioranze e spezzoni di sedicenti opposizioni. Scomparirebbe il riciclaggio perenne degli stessi personaggi nel sottogoverno, nelle partecipate, negli ospedali, negli uffici di gabinetto, ai vertici della burocrazia, qualunque sia il colore e il nome di chi siede o si è seduto a Palazzo d’Orleans. Diventerebbe, l’Assemblea regionale siciliana, un luogo in cui il perseguimento dell’interesse pubblico sarebbe la stella polare dei deputati regionali, il motivo di un impegno costante, in aula e nelle commissioni. Sedute a ripetizione, rinvii solo eccezionali, ferie ridotte all’osso, lavori anche notturni pur di portare a casa il risultato, cioè le riforme tanto attese in una regione desolata e desolante, la soluzione dell’emergenza rifiuti, l’ammodernamento delle fatiscenti infrastrutture, una Sanità umana fin dall’accoglienza nei pronto soccorso, il rifacimento della rete idrica colabrodo, la rivoluzione tecnologica e l’introduzione di nuovi saperi nella pubblica amministrazione, l’utilizzo pieno e visibile dei fondi comunitari, il sostegno concreto ai fuggitivi giovani intraprendenti e capaci.
Maledetto voto segreto. Talmente maledetto da indurre il presidente della Regione, Nello Musumeci, a compiere una scelta forte: lui non metterà più piede all’Ars – o addirittura, si vocifera, si dimetterà – fintantoché non sarà eliminato il voto segreto dai regolamenti parlamentari, sebbene nella scorsa legislatura pare la pensasse diversamente; ma è legittimo cambiare idea complice l’affossamento, con la bocciatura dell’art.1, del disegno di legge sui rifiuti. Per intenderci, a favore dell’abolizione del voto segreto soccorre in maniera abbastanza convincente quanto accade alla Camera e al Senato dove l’anonimato è giustamente consentito per le votazioni riguardanti le persone e, su richiesta, per quelle che incidono sui principi e sui diritti di libertà, sui diritti della famiglia e della persona fisica. Il punto, però, è un altro e lo sappiamo benissimo al di là di ogni falsa e strumentale rappresentazione.
Se in un supermercato devono disfare una pila di lattine ormai scadute non cominciano dal basso, facendole rumorosamente cascare tutte, ma dall’alto. Il voto segreto in una terra in cui la politica dei valori, dell’etica e dei progetti di ampio respiro non esiste, in cui i partiti e i movimenti sono solo degli autobus in cui salire e da cui scendere a seconda delle convenienze personali, nella quale seppure militando nella maggioranza l’onorevole x o y vota a favore dei documenti finanziari soltanto se gli inseriscono quel determinato emendamento utile per ricandidarsi è davvero un melmoso varco da cui si intrufolano i peggiori giochi di bassa bottega.
Fare credere, però, che sia la ragione di un parlamento immobile, di una maggioranza in frantumi e di un governo assai lontano dal mantenimento delle promesse fatte in campagna elettorale nel lontano novembre del 2017 è un’ipocrisia ugualmente inaccettabile.
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16 Novembre 2019, 12:53