La nuora del boss ‘scagionata’, ma il processo continua

La nuora del boss ‘scagionata’, ma il processo continua

Riprenderà a settembre il processo per cui alla sbarra c’è anche Lucia Pulvirenti, moglie del boss Puglisi, assieme alla nuora
TRIBUNALE DI CATANIA
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Catania. Alla sbarra sono finite entrambe, ritenute due donne di mafia appartenenti al clan dei Puglisi. Tuttavia la nuora del boss ergastolano Pietro Puglisi, la trentasettenne Ornella Micci, è stata scagionata dall’accusa di estorsione e rimessa in libertà. La sua scarcerazione è stata decisa dai giudici della seconda sezione penale del Tribunale collegiale di Catania.

Il provvedimento risale a diversi mesi orsono, ma la notizia è trapelata solo adesso. La Micci era stata subito messa agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, pochi giorni dopo l’arresto. Il processo riprenderà a settembre. Assieme alla suocera Lucia Pulvirenti, è ritenuto dalla Dda di Catania appartenente al gruppo dei Puglisi, eredi del clan Pulvirenti.

L’esercito del “malpassotu”

Gli uomini di Pippo Pulvirenti detto “u malpassotu”, un esercito di assassini, furono i soldati di Nitto Santapaola nelle sue guerre di mafia da cento morti all’anno, trent’anni fa. La Micci è difesa dall’avvocato Francesco Antille, sua suocera, Lucia Pulvirenti, sessantunenne figlia del “malpassotu”, è difesa dall’avvocato Giuseppe Rapisarda.

Entrambe rispondono di associazione a delinquere di stampo mafioso. Alla giovane è contestata anche un’estorsione da 10 mila euro ai danni della proprietaria della casa che aveva preso in affitto col marito. L’accusa tuttavia è caduta in aula dopo la deposizione della presunta vittima, che ha negato l’estorsione.

La “vittima”: richieste legittime, non pizzo

In realtà non si trattava di una richiesta di pizzo, ha spiegato la presunta vittima, ma del pagamento dei lavori eseguiti dai giovani in quell’appartamento. Una richiesta pressante, magari, ma legittima. In pratica da quella casa, dopo aver abbattuto alcune pareti e ammodernato il tutto, i due erano andati via lasciando pure alcuni mobili e concordando il pagamento della somma di denaro.

Somma che però la proprietaria aveva tardato a pagare. Dopo la deposizione della signora, lo scorso settembre, la nuora di Puglisi fu rimessa in libertà. Resta l’accusa di associazione mafiosa. Secondo fonti vicine alla difesa si baserebbe su alcune conversazioni intercettate in cui parlerebbe il marito e lei sarebbe assieme a lui nella macchina.

Le altre vittime di estorsioni – non contestate a lei – sono state sentite in aula e nessuno ha detto di conoscerla. Si tornerà in aula comunque alla ripresa dopo la pausa estiva dei processi. Alla sbarra ci sono anche altri imputati del processo “malupassu”, dal titolo dell’inchiesta condotta dai carabinieri della compagnia di Gravina di Catania. Le due donne erano state arrestate su provvedimento del Tribunale del Riesame, dopo che il Gip aveva respinto la richiesta di misura cautelare.

Gli ordini dal marito dal carcere

L’operazione “malupassu” riguarda una serie di estorsioni che sarebbero state realizzate dal clan. Fenomeni che si sarebbero in qualche modo intensificate dopo la scarcerazione del boss di 63 anni Pietro Puglisi, avvenuta nel febbraio del 2017. Lucia, la figlia del “malpassotu”, oltre dell’incasso del pizzo, secondo l’accusa si sarebbe occupata di fungere da elemento di collegamento tra il marito detenuto ed i figli Salvatore e Giuseppe ai quali avrebbe riferito gli ordini del boss dal carcere.


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