09 Novembre 2010, 09:33
2 min di lettura
Io sono destinatario di un ”millantato credito” da parte di Massimo Ciancimino, dice davanti la commissione antimafia l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, ascoltato ieri sera sulla trattativa tra Stato e mafia. Mancino dice di non aver saputo nulla da nessuno su contatti, abboccamenti o trattative in corso. E al riscontro cita un verbale di Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo, al procuratore Caselli del 17 marzo del ’93. Parlando di un suo intermediario-ambasciatore, così lo chiamava, Vito Ciancimino affermo’: ”Io gli avevo raccontato, d’intesa con i carabinieri, una palla sonora, grossa come una casa, vale a dire che un’altissima personalità politica (che non esisteva) che era un’invenzione mia e dei carabinieri, voleva ricreare un rapporto tra le imprese”.
Mancino, oltre ad attaccare i due Ciancimino, ha detto di non aver saputo nulla dall’allora ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, che pure aveva ipotizzato, in maniera abbastanza dubbia, di aver informato il collega sui colloqui avuti dalla responsabile degli Affari Penali, Fernanda Ferraro, con il capitano De Donno e il colonnello Mori. ”Martelli, se fosse vero tutto ciò, aveva il dovere di informarmi perché non era un cittadino qualsiasi ma il ministro della Giustizia”. Agende alla mano, con aperti i fogli del giugno luglio ’92, Mancino ha spiegato che non ebbe alcun colloquio con il magistrato Paolo Borsellino, il giorno in cui si insediò al Viminale, il primo di luglio. Ci furono invece certamente incontri, quel giorno, con il capo della Polizia, Vincenzo Parisi e con Bruno Contrada, uomo del Sisde, poi arrestato per collusione con la mafia. ”Nessun uomo dello Stato, delle forze di polizia, dei servizi segreti, dell’alto commissariato antimafia o della Dia – ha spiegato Mancino – mi disse alcunché su una richiesta di trattativa da parte dello Stato”. Anzi netto il giudizio sul colonnello Mori che non gli parlò dei suoi colloqui con Vito Ciancimino anche perché ”non vi era un particolare feeling con quell’ufficiale”.
Mancino ha citato un episodio che testimonia di questo rapporto non particolare con il comandante del Ros: infatti non venne informato dell’arresto di Totò Riina dall’ufficiale dei carabinieri. ”Se sarà provato che ci sono stati coinvolgimenti di uomini appartenenti ai servizi o alle forze dell’ordine, cioè pezzi dello Stato, ben vengano i processi e le più dure condanne”. ”Se fossi venuto a conoscenza – ha concluso l’ex ministro – anche di una semplice ipotesi di trattativa, non avrei esitato a denunciarla in Parlamento dopo avere doverosamente informato il capo dello Stato e il presidente del Consiglio”.
Pubblicato il
09 Novembre 2010, 09:33