Caso Mario Biondo, torna l'ipotesi omicidio: cronistoria di un giallo

Mario Biondo “ucciso da mano ignota” a Madrid: radiografia di un giallo

Il cameraman palermitano fu trovato morto il 30 maggio 2013

PALERMO – Era accaduto nel 2022 in Italia, ora si ripete in Spagna. Dei giudici ipotizzano che il cameraman palermitano Mario Biondo non si sia suicidato. Da qui la consequenziale ipotesi che sia stato ucciso.

Allora come oggi, però, le indagini sono fuori tempo massimo. A meno che in Spagna non sia accolto il ricorso costituzionale dei familiari di Biondo, morto il 30 maggio 2013 a Madrid.

Nel provvedimento dell’Audiencia provinciale della capitale spagnola si parla di “prove periziali” e indagini lacunose. Viene citata l’ordinanza dell’allora giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, Nicola Aiello. Tuttavia i magistrati del tribunale madrileno hanno respinto l’appello dei familiari della vittima poiché il fatto “è passato in giudicato”.

Lo studio legale Vosseles Abogados, che rappresenta Pippo e Santina Biondo, i genitori di Mario, non si arrendono. Fin da subito la polizia spagnola ha ritenuto che fosse stato un suicidio e il giudice istruttore archiviò il caso.

Nel frattempo partì una lunga indagine anche a Palermo. La richiesta di archiviazione della Procura generale finì su tavolo del Gip Aiello il quale, nell’agosto 2022, scrisse che Mario Biondo certamente non si era suicidato. Forte era il sospetto che si fosse trattato di omicidio, ma dopo tanti anni era impossibile stabilire se il cameraman palermitano fosse stato assassinato ed eventualmente accertare per mano di chi.

Aiello archiviò l’inchiesta per omicidio a carico di ignoti, gettando però pesantissime ombre sugli investigatori spagnoli. Le indagini sarebbero state fatte male, andavano da subito eseguite delle intercettazioni e acquisiti i tabulati telefonici delle persone vicine a Biondo. A cominciare dalla moglie.

“È per queste ragioni che, ad avviso dello scrivente, pur essendo rintracciabili dal fascicolo del pm numerosi segmenti probatori che depongono per la tesi omicidiaria sostenuta dagli opponenti (la famiglia Biondo si era opposta all’archiviazione ndr) – scriveva Aiello – la distanza di tempo dai fatti per cui si procede ha di fatto pregiudicato la possibilità di svolgere quelle indagini che avrebbero potuto consentire di individuare gli autori dell’ipotizzato omicidio”.

Mario Biondo fu trovato impiccato ad una libreria nella casa di Madrid dove viveva con la moglie e nota presentatrice televisiva Raquel Sanchez Silva. Dopo due richieste di archiviazione da parte della Procura della Repubblica era intervenuta quella generale con l’avocazione del fascicolo. Nulla di fatto: dopo gli approfondimenti per altre due volte era stata avanzata la proposta di chiudere il caso come suicidio.

“Nessun elemento consente invero di ipotizzare la fattispecie di omicidio doloso per cui si procede né, tantomeno, di identificare gli eventuali responsabili”, scriveva la Procura generale.

Il gip la pensava in maniera diversa. Non si sarebbe trattato di suicidio, ma nell’immediatezza dei fatti gli inquirenti spagnoli non fecero adeguate indagini creando un vuoto investigativo ormai incolmabile. La magistratura italiana ha fatto tutto il possibile per superare le lacune degli spagnoli. Lacune che, però, restavano impedendo di raggiungere la verità.

Due perizie eseguite a Palermo avevano concluso per il suicidio. Una era stata eseguita dal responsabile della Medicina legale, il professore Paolo Procaccianti, uno dei massimi esperti nel settore con decenni di esperienza. Procaccianti finì sotto inchiesta. I parenti di Biondo ipotizzarono che fossero stati analizzati reperti sbagliati in seguito ad un incredibile scambio di persona. Nulla di tutto ciò avvenne e lo stesso giudice Aiello archiviò l’inchiesta per frode processuale. Secondo il Gip, però, le autopsie eseguite a Palermo non potevano essere attendibile per via del trascorrere del tempo.

Ciò che non convinceva il giudice, sullo stesso solco dei dei dubbi della famiglia, era il fatto che Biondo potesse essersi suicidato, forse durante un gioco autoerotico, con una pashmina legata alla libreria. Come è possibile che il peso del suo corpo non fece cadere gli oggetti riposti sul mobile?

Biondo aveva un ematoma sulla fronte. Il medico legale stabilì che a provocarlo fu l’urto contro la libreria. E allora ritorna la domanda: perché nessuno degli oggetti cadde per terra?

Non era l’unico dubbio. Secondo i legali della famiglia, Biondo non sarebbe stato solo in casa all’orario del decesso e qualcuno avrebbe anche usato la sua carta di credito in un locale notturno di Madrid, poco distante dalla sua abitazione, tra le 2:08 e le 2:53 del mattino.

Il cameraman avrebbe comunicato via Facebook con i fratelli e alle 00:48 uno dei suoi due dispositivi avrebbe agganciato il Wi-Fi dell’appartamento, mentre il secondo smartphone sarebbe stato utilizzato nei dintorni dell’abitazione.

Poi sarebbero stati nuovamente utilizzati in casa di Biondo alle 19 del 30 maggio, quando nell’abitazione erano presenti le forze dell’ordine. Anche su questo fronte la Procura generale spiegò di avere indagato senza giungere a risultati che potessero provare la presenza di estranei in casa.

La famiglia ha sempre sostenuto che Biondo non aveva alcun motivo per togliersi la vita. Era gratificato umanamente e professionalmente.

Il giudice Aiello sottolineò anche le contraddizioni nel racconto della donna che non era in casa il giorno del decesso. Le sue parole “presentano innumerevoli punti critici e sono dense di contraddizioni e di indici rivelatori di mendacio che avrebbero dovuto indurre gli inquirenti spagnoli a un più accurato approfondimento investigativo volto ad esplorare il tema di indagine relativo ai rapporti tra Biondo e la donna”.

“Gli elementi che si traggono dal fascicolo del pubblico ministero, ad avviso del giudice, smentiscono la tesi suicidaria e lasciano pensare che – scriveva ancora il gip – Mario Biondo fu ucciso da mano rimasta ignota e successivamente collocato in una posizione atta a simulare un suicidio”.

Tanti dubbi e ombre, ma “in definitiva non si ritiene che sussistano elementi per dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, in un ipotetico dibattimento la tesi omicidiaria e per tale ragione si ritiene di accogliere la richiesta di archiviazione e restituire gli atti al pubblico ministero procedente”.

Ora l’Audiencia provinciale, pur respingendo l’istanza della famiglia, traccia una possibile strada che passa dal ricorso costituzionale.


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