26 Luglio 2010, 01:38
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Mario Bignone era un uomo che si difendeva in pubblico dalla sua dolcezza. E quella lo tradiva, saltava fuori dagli occhi, si rivelava in un gesto improvviso. La bontà spianava il cipiglio studiato. Il sorriso era un folletto dispettoso. Mario sapeva amare. Mario amava i suoi ragazzi.
Quando, tra qualche anno, le gesta della Catturandi di Palermo verranno immortalate nei libri di storia, sarà scritto in rosso che nella cucina di tante magnifiche imprese c’era soprattutto l’amore a bollire in pentola. E c’erano (e ci sono e ci saranno) la precisione, il sacrificio, la bravura, la sofferenza. Ma nulla sarebbe stato possibile senza un capo amorevole, legato ai suoi ragazzi da un rapporto paterno, attaccato al suo mestiere dal mastice di un legame indissolubile.
L’amore di Mario risultava ancora più forte, temperato dalla sua discrezione. Chi scrive ha avuto il privilegio di condividere un brindisi con la Catturandi. C’era un clima festoso che sopperiva al deficit dello spumante caldo nei bicchieri di carta. Nella stanza del capo, i ragazzi e le ragazze capaci di prendere Raccuglia, Nicchi, tutti i protagonisti di un gotha demolito pezzo per pezzo. Vibrazioni di affetto reciproco. A fare capolino dai bicchieri facce comuni di persone normali, né palestrati Nembo Kid, né supereroi con la canottiera dell’Uomo Ragno. Gente da tutti i giorni e per tutte le strade. Il miracolo della Catturandi di Palermo: risultati eccezionali divisi per le biografie di sereni padri di famiglia con i figli da prendere a scuola, di donne belle e innamorate, di giovani senza tic da pistoleri. Una riscossa calma e modesta, il vero riscatto di una città.
Mario Bignone aveva costruito un perfetto meccanismo ad orologeria. Non lasciava mai soli i suoi sul campo. Era prudente e coraggioso, mai incosciente. Confessava: “Quando sei davanti all’ultima porta, non sai mai cosa potrà accadere. Hai preparato tutto a puntino, però sei teso, nervoso. L’azione scioglie l’adrenalina quando dai la spallata. Io sono sempre operativo, sto accanto ai miei, ne condivido i rischi”.
Riccardo Lo Verso, uno dei suoi più cari amici, seppe da lui quasi in diretta della cattura di Nicchi. Raccontava Riccardo: “Mario al telefono non la smetteva più di urlare, sembrava un bambino pazzo di gioia”. Sconfinato amore per il lavoro e per la legge, il segreto di un uomo normalmente speciale.
E’ passato qualche giorno da quando Mario non c’è più. E davvero non c’è più. Abbiamo sperato fino allo stremo in uno scherzo, in un lampo di ironia. Vedrai che tornerà e ci offrirà il suo orrendo caffè e riderà con noi e di noi. Invece, Mario Bignone se n’è andato.
Ci piace pensarlo, per un attimo interminabile, davanti a una porta chiusa, una di quelle porte che non sai mai cosa ti aspetta dopo, anche se hai fatto bene tutti i calcoli. Però – lo sappiamo – Mario non è andato da solo all’appuntamento. Ha portato con sé, nel bagaglio a mano, tutto l’amore seminato e tutto l’amore preso. Per questo la spallata deve essere stata lieve.
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26 Luglio 2010, 01:38