Martina e Tiziana, due storie | per sperare in un’Italia migliore

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30 Aprile 2013, 11:03

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C’è un profumo, una luce di Sicilia come vorremmo che fosse, nelle storie di Martina e Tiziana.
Martina Giangrande ha commentato la tragica vicenda di suo padre, Giuseppe, ferito a Palazzo Chigi, con equilibrio e fermezza. Senza indulgere alla retorica, senza cedere alla disperazione, alla rabbia. Le sue frasi dovremo ricordarle perché rappresentano, se non una risposta definitiva, una strada bella e possibile. “Siamo un mezzo esercito sgangherato”, ha detto Martina.

Ma chi conosce un po’ la vita sa che proprio la debolezza apparente, talvolta, è il segreto della rinascita, quando nasconde dietro il crollo il profilo di una forza che diventa sempre più invincibile, man mano che acquista consapevolezza di sé. Questa forza è l’amore di chi non si arrampica sugli specchi. E’ la passione di chi prosegue dritto, nonostante gli ostacoli, ogni giorno. E’ il sostegno che manca all’Italia peggiore che sarà migliore, se si convincerà che è la speranza, non l’odio, la premessa necessaria di ogni cambiamento utile.

Di Martina, suo zio ha spiegato: “E’ in gamba, l’abbiamo educata alla siciliana”. E ci piace che la Sicilia non sia evocata come un fantasma cattivo, ma come una benedizione su questa scena di sussulti e macerie.

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Tiziana Di Salvo è la figlia di Rosario, l’uomo che proteggeva Pio La Torre, che lo custodì fino all’ultimo, morendo con lui nell’agguato di cui ricorre l’anniversario. Le sue parole all’Ansa: “Avevo appena undici anni quando il 30 aprile del 1982 ho perso mio padre nell’attentato mafioso contro Pio La Torre. Oggi ne ho 41, ma quando penso a lui i miei sentimenti ritornano ad essere quelli della bambina che ero allora, come fossero congelati a quel momento. Mio padre era un ragazzo allegro, con la battuta pronta, gli piaceva viaggiare. Poi, qualche mese prima dell’attentato, cambiò per sempre. Non rideva e scherzava più come prima e diventò nervoso e sospettoso”.

E’ la forza di un’altra donna, la bambina “congelata”, cresciuta con dolore e coraggio, la figlia di un padre, che serviva lo Stato. Rosario Di Salvo non portava alcuna divisa all’esterno. La indossava dentro, invisibile allo sguardo, visibilissima a coloro che intendono il linguaggio del dovere e del sacrificio.

Martina e Tiziana. I tempi e i luoghi le descrivono distanti e diverse. L’affetto che proviamo le unisce. Entrambe raccontano una speranza che adesso appare incredibile. Ma domani sarà vera.

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30 Aprile 2013, 11:03

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