I poliziotti bussarono a casa | Ciancimino non c’era: a giudizio

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29 Ottobre 2013, 20:20

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PALERMO – Nuovi guai giudiziari per Massimo Ciancimino. Dopo il concorso esterno in associazione mafiosa, la detenzione dei candelotti di dinamite, la calunnia a Gianni De Gennaro, adesso deve difendersi pure dall’accusa di avere violato gli obblighi della sorveglianza speciale. Per lui è arrivata la citazione diretta da parte del pubblico ministero Dario Scaletta. Si drovrà presentare in Tribunale il 14 aprile prossimo.

L’imputato e testimone chiave del processo sulla trattativa Stato-mafia ha l’obbligo di soggiorno a Palermo, vincolato al rispetto di orari precisi. Deve rincasare entro le ventuno e può uscire alle sette del mattino successivo. Una prescrizione imposta nell’ottobre 2012 dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Da Roma arrivarono, infatti, gli atti di un’inchiesta che inquadrava il figlio di don Vito come presunto protagonista di un giro di denaro e affari in Romania. Da qui l’obbligo di soggiorno nel capoluogo siciliano e il ritiro del passaporto.

Il 27 febbraio 2013 i poliziotti del commissariato Libertà andarono a bussare alla porta dell’abitazione di Ciancimino jr in in centro città. Erano le 23 e 58 e in casa non c’era. Gli agenti ritornarono quaranta minuti dopo la mezzanotte e stavolta Massimo Ciancimino rispose. Agli investigatori disse che lui in casa c’era pure prima, ma non aveva sentito né il citofono nè il campanello. E aggiunse che mai era risultato assente nelle centinaia di volte in cui era stato sottoposto a controlli improvvisi. Una versione che non ha convinto il magistrato.

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29 Ottobre 2013, 20:20

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