17 Dicembre 2023, 07:43
2 min di lettura
Secondo una statistica Istat del 2015, la durata media dei matrimoni in Italia è di circa 17 anni. Non ci impelaghiamo nei distinguo delle percentuali di maggiore o minore sopravvivenza dei matrimoni religiosi rispetto a quelli celebrati con rito civile.
Un dato è certo: il “finché morte non vi separi” rimane sempre più spesso lettera morta. Ci si lascia per mille ragioni, dal tradimento – che è l’ipotesi più classica – al “naturale” logoramento del legame sentimentale. Qualunque sia la ragione, la fine di un matrimonio porta con sé le consuete problematiche economiche: c’è da pagare l’assegno di mantenimento, più o meno salato a seconda se ci sono figli, se bisogna contribuire alle spese straordinarie, eccetera. E’ questa una materia che molto spesso infiamma gli animi e dà lavoro ai matrimonialisti, gli avvocati specializzati in diritto di famiglia, che prendendo le difese degli ex coniugi e ingaggiano duelli all’ultimo sangue per stabilire a chi spetta pagare e quanto dovrà essere versato ogni mese.
Talvolta si degenera, e la querelle sfocia nel penale: il mancato versamento degli “alimenti” è infatti anche un reato, ancora più grave se di mezzo ci sono figli minorenni. Succede poi altrettanto spesso che uno o entrambi gli ex coniugi, elaborato il lutto della separazione, si rifanno una vita. E si creano così quelle famiglie allargate che con una certa frequenza forniscono argomenti sempre freschi alle eterne battaglie giudiziarie per l’affidamento dei figli o per la modifica delle condizioni economiche della separazione.
Proprio su questo tema si è recentemente pronunciata la Prima Sezione Civile della Cassazione: con una ordinanza depositata il 12 dicembre (che si inserisce nel solco della sempre più completa parificazione dell’unione matrimoniale a quella delle coppie non sposate), ha affermato il principio secondo cui non va versato il mantenimento nel caso in cui l’ex coniuge che ne ha diritto dà vita ad una nuova convivenza stabile, o comunque allaccia una relazione sentimentale duratura, nel quale si instaura un rapporto di assistenza morale e materiale reciproca analogo a quello matrimoniale.
Un barlume di speranza, quindi, per chi – dopo avere detto addio più o meno volentieri alla propria dolce metà – si trova ingabbiato nell’obbligo di contribuire al suo sostentamento economico, rivelatosi magari superfluo proprio perché quella metà è diventata l’anima gemella altrui (o possibilmente lo è sempre stata).
Non è però tutto così facile: dice sempre la Cassazione che la prova della esistenza del legame stabile tra l’ex coniuge e il nuovo partner va fornita proprio da chi si trova obbligato a versare il mantenimento. Ed è sul terreno di questa prova – ci possiamo scommettere qualsiasi cosa – che si arroventeranno gli animi nelle mille cause civili che verranno intentate per sottrarsi agli ultimi strascichi della propria vita da coniuge.
Pubblicato il
17 Dicembre 2023, 07:43