Matteo Messina Denaro, Campobello di Mazara si ribella - Live Sicilia

Matteo Messina Denaro, Campobello di Mazara si ribella

I residenti: “Non siamo tutti omertosi"

“La Sicilia è nostra, non è di Cosa Nostra”. È questo lo slogan, che ripetono gli abitanti di Campobello di Mazara, impegnati in queste settimane nel loro comune, in vari incontri, marce, cortei, presidi e manifestazioni contro la mafia. Giovani e anziani, adulti e bambini, con cartelloni e striscioni in mano, che camminano per le vie e per le piazze del paese, sostando davanti ai covi del boss, per urlare a gran voce un secco “No alla mafia”, ma anche per dimostrare che “i siciliani non sono tutti omertosi”.

Dall’arresto del boss, infatti, la cittadina è al centro del dibattito pubblico e i residenti non tollerano più che si cavalchi l’idea che la latitanza del boss è stata possibile, per trent’anni, grazie alla loro totale complicità e connivenza. “È un’idea sbagliata, figlia di storici pregiudizi, che ci offende molto”, secondo quanto dicono, moltissimi degli intervistati. 

Sono tantissimi i cittadini che, accompagnati dalle istituzioni, hanno scelto di scendere in piazza per manifestare e che hanno voluto dire la loro, per far capire al mondo intero che: “Sicilia non è sinonimo di mafia”. A partire dal sindaco, Giuseppe Castiglione.

Le testimonianze dei residenti

“Qui è tutto al contrario”, commenta, contrariata, una nota insegnante e avvocato, nata e cresciuta a Campobello di Mazara. “La responsabilità penale non è personale, ma di tutti. Qui, si è presunti colpevoli fino a prova contraria… e vivere a Campobello, a quanto pare, è già di per sé una colpa”.

“E, allora, ecco che tanti opinionisti… per fortuna, non tutti… ci descrivono come malavitosi, collusi, conniventi… come se, insinuare che lo siamo, rafforzasse la loro tesi. E, allora, ecco che vorrebbero tutti che andassimo appresso ad ogni nonnina con la ‘sciallina’ o vecchietto con la ‘coppola’, per cercare in loro persone da sempre impossibili da trovare, persino per gli addetti ai lavori… pensavo che della penna e della voce dovesse farsene un uso migliore”, l’amara conclusione a cui è giunta l’insegnante.

Ma non è la sola, sono tante le famiglie che si dicono “deluse” del comportamento di stampa e televisione. “Hanno dato moltissimo spazio al boss e ai dettagli della sua vita non dandone altrettanto a noi e alle nostre battaglie”. È questo il pensiero comune degli abitanti del luogo.

Lo sfogo di un papà

“È assurdo pensare che ‘chiunque’ avrebbe potuto identificare in un comune estraneo che passeggia per il paese, o che va a fare la spesa, sia pure ben vestito, la primula rossa di Castelvetrano”, sostiene uno dei padri scesi in piazza, tenendo per mano la sua figlioletta. “Chi non lo hai mai visto o conosciuto di persona, non lo poteva certo riconoscere dagli identikit diffusi dai media, ai quali sicuramente il boss avrà avuto cura di non rassomigliare. Non capisco perché tanto accanimento nei nostri confronti”, si sfoga il papà.

“Siamo per lo più gente comune che ‘tira avanti’ onestamente, impegnata a tempo pieno, tra lavoro, casa, famiglia e figli. Siamo semplici cittadini e di certo non abbiamo tra i nostri doveri quello di dare la caccia ai super latitanti. Cerchiamo di vivere in una terra complicata come la Sicilia, insegnando ai nostri figli di tenersi e sentirsi distanti da certe realtà e questo accanimento pubblico, nei nostri confronti, ultimamente, ce lo sta rendendo difficile”, la dura critica dell’uomo.

Catalano: “Scoprire di averlo avuto qui, a pochi metri da casa mia, è stata una mazzata”

Salvatore Catalano, fratello del poliziotto Agostino, ucciso dalla mafia nella strage di via D’Amelio

Tra i molti volti conosciuti del paese, presenti durante le marce contro la mafia, spicca sicuramente, quello di Salvatore Catalano, fratello del poliziotto Agostino, ucciso da Cosa nostra nella strage di via D’Amelio. 

“Sono sempre contento di dare il mio contributo per la rinascita di Campobello”, ci confida Salvatore, molto commosso. “Perché, anche se sono nato a Palermo, mi sento campobellese al 50%. Mia moglie è nata qui e conosco bene questa realtà”. 

“Proprio per questo, sono fermamente convinto che la stragrande maggioranza della popolazione non sia affatto omertosa o vicina, complice della mafia. La dimostrazione, l’abbiamo avuta l’altra sera, con una manifestazione, che mi ha ripagato, in parte, di tutte le delusioni”.

“Noi, però, – aggiunge Salvatore – dobbiamo combattere questa sorta di apatia che caratterizza la maggior parte dei paesi come Campobello… questa inerzia che ci porta a pensare: ‘Tanto non cambia mai nulla’. Non si può stare affacciati alla finestra aspettando che siano gli altri a muoversi…  dobbiamo cominciare a farlo noi… per combattere la mafia non serve essere eroi… basta agire senza condizionamento, informandosi e facendo in modo da essere liberi”.

Sulla cattura del boss

“Ad ogni arresto di gente vicina a Matteo Messina Denaro, percepivo la terra bruciarsi intorno a lui, ma nonostante ciò, il boss, riusciva sempre a rimanere libero”, commenta addolorato Salvatore Catalano, parlando dell’arresto del super latitante. “E allora mi domandavo: ‘ma quanta terra deve ancora bruciare prima che lo prendano?’… E poi, finalmente, il 16 gennaio è stato catturato… Dopo decenni di rabbia, finalmente, un po’ gioia… anche se, lo ammetto, scoprire di averlo avuto qui, a poche centinaia di metri da casa mia, è stata davvero una mazzata”.

Tutte queste e tantissime altre delle testimonianze raccolte dimostrano che c’è una parte sana nel paese di Campobello di Mazara. La parte più numerosa ed importante, fatta da siciliani che con coraggio si ribellano e si ribelleranno sempre alla mafia. 

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