09 Marzo 2018, 17:43
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PALERMO – “Il progetto continua. A patto che non si provi a trasformare il Pd nei Ds”. Sono renziani, alcuni da pochissimo. Altri già da un po’. Ma renziani fino in fondo. Persino oltre Renzi, il segretario dimissionario. “Ma solo se il partito resta quello voluto dal politico fiorentino”, dicono in coro. Temendo forse qualche strappo o qualche sorpresa, in vista della direzione nazionale del Pd di lunedì.
Intanto, si sta lì, fedeli se non al capo, alle sue idee di trasformazione, lanciate sul richiamo alla rottamazione. Convinto è anche, ad esempio, chi nel Pd è finito poco più di due settimane fa. Dore Misuraca aveva alle spalle una lunga militanza nel centrodestra, poi la scissione del Pdl che lo portò dalla parte di Angelino Alfano, e quindi anche un po’ dalla parte del centrosinistra. “Per questo continuo a dire – spiega – che la mia è stata una scelta coerente col percorso compiuto”. La sua recentissima adesione al Pd di Renzi ha anticipato di poco le dimissioni dello stesso segretario. E adesso, neorenziano senza Renzi, che si fa? “La mia – spiega – è stata l’adesione a quella che ritengo la casa del riformismo. L’unica possibile, dopo che la casa nella quale stavo è venuta a mancare. Una adesione che è stata anche una risposta positiva all’invito di Davide Faraone e Leoluca Orlando. In fondo alle ultime elezioni ho giocato sempre dalla stessa parte, sia per il Comune di Palermo che alle Regionali, e in quest’ultima occasione mi sono limitato a dare una indicazione di voto. Diciamo che il mio passaggio al Pd è un po’ nel segno del ‘modello Calenda’”. Certo, qualche dubbio affiora ugualmente, dopo il flop elettorale: “Il Pd deve riflettere sul distacco con l’elettorato e comprendere come mai non sia riuscito a comunicare quanto di buono fatto in questi anni”.
A proposito di Orlando, il sindaco di Palermo, anche lui approdato al Pd a pochi giorni dal voto, insieme al fedelissimo Fabio Giambrone, ha usato a caldo parole un po’ sibilline: dopo l’adesione che sembrava convinta, anzi convintissima, al modello renziano e dopo i tanti complimenti (ricambiati, dopo anni di critiche reciproche) con Davide Faraone, ecco che per Orlando appare “evidente che il Pd, cui ho aderito da alcune settimane, deve fare una attenta analisi ed una valutazione critica dei motivi di questa sconfitta e dell’evidente disaffezione degli elettori. E’ chiaramente necessario – ha spiegato – un significativo cambio di rotta politica e di ricostruzione del contatto con i cittadini. Un percorso al quale, da aderente al Pd, intendo dare il mio contributo”. Neorenziano senza Renzi, e sconfitto anche lui, così come era accaduto alle Regionali, punta a cambiare la rotta del partito. In che direzione? Ancora è presto per saperlo.
La rotta invece non deve cambiare affatto per tanti politici affascinati e convinti più o meno recentemenre dal progetto renziano. È il caso del segretario regionale di Sicilia Futura, Nicola D’Agostino, candidato nelle liste del Pd alle Politiche: “Una candidatura – sottolinea – che di fatto suggella un percorso di adesione al partito. Una candidatura che è stata il segno della nostra e della mia lealtà e generosità. Renzi adesso non è più il segretario? Non finisce mica quel mondo che si era raccolto attorno a lui… Continuo a pensare di essere dalla parte giusta, e se rimarrà solido lo zoccolo che si era formato attorno al segretario, non ci sarà nessun problema”. In realtà, in queste ore si discute, eccome. Il fondatore e leader di Sicilia Futura, Totò Cardinale, in queste ore potrebbe incontrare Luca Lotti, uno dei fedelissimi di Renzi, per comprendere quale sarà la strada da seguire, anche in vista della direzione di lunedì.
Ma anche per Nello Dipasquale, deputato regionale del Pd con un passato da sindaco di Forza Italia, “il progetto di Renzi è sempre vivo. Le sue dimissioni non cambiano nulla. Almeno spero, visto che io sono entrato nel Pd proprio perché grazie a Renzi quel partito è cambiato profondamente, consentendomi di aderire, a compimento di un percorso politico. Un partito che non è più nelle mani dei vari Bersani o D’Alema, dal linguaggio nuovo e giovane. Credo – insiste – che questo sia ancora l’unico Pd possibile. E penso l’abbiano capito anche i dirigenti del partito, dopo il flop dei più estremisti che hanno deciso di correre contro il Pd”. Insomma, nessuna svolta a sinistra. Anzi. “Credo – dice Dipasquale – che oggi ci sia un enorme spazio al centro. Bisogna aprire ai moderati del centrodestra. Se non sarà Renzi in prima persona, ci sarà comunque qualcun altro che porterà avanti quel progetto”.
“Renzi si è dimesso, ma c’è sempre – ammonisce Valeria Sudano, un passato col Cantiere popolare di Saverio Romano, poi il passaggio ad Articolo 4, quindi al Pd – e non è solo. Sono una renziana convinta. Anzi, convintissima. Restiamo il secondo partito d’Italia e dobbiamo portare avanti il progetto. Qualcuno ancora pensa – prosegue – che il Pd sia una specie di continuazione dei Ds, ma non è così: il partito si è arricchito di storie diverse. E io ne sono un esempio”. E un renziano fresco di elezione all’Ars è Michele Catanzaro, anche lui convinto che “non si può pensare di ritornare al partito del passato, a una specie di grosso Leu. In quel caso sarei in grosse difficoltà. E non credo di possa pensare davvero a un nuovo strappo nel Pd. Renzi c’è sempre, è un senatore del Pd. E se non sarà più lui il segretario, auspico che al suo posto ci sia una figura che abbia comunque la visione di un partito progressista e riformista. Dobbiamo solo comprendere, adesso, quali saranno i prossimi passi. Cosa ci aspetta nel prossimo futuro”. E una prima risposta si avrà lunedì, in una direzione che dovrà indicare, al partito, la nuova (o la vecchia) direzione.
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09 Marzo 2018, 17:43