Maxi sequestri di beni | Due operazioni nel Trapanese

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18 Luglio 2016, 09:23

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TRAPANI – Questura, Finanza e Dia, in azione nel trapanese, hanno eseguito in due distinte operazioni un duplice sequestro di beni. Un primo sequestro di beni, per 3 milioni di euro, ha colpito Giovanni “Mimmo” Scimonelli , nato 49 anni addietro in Svizzera, a Locarno, ma residente a Partanna, uno dei paesi che continua ad essere caposaldo della mafia belicina. La notifica del provvedimento, eseguita dai poliziotti della Divisione anticrimine della Questura di Trapani e della Finanza, è avvenuta stamattina.

Scimonelli è intanto in carcere, è stato condannato a maggio scorso a 17 anni, perché capo mafia del clan di Partanna e porta “pizzini” da e per Matteo Messina Denaro. Secondo il pentito Attilio Fogazza, Scimonelli avrebbe incontrato più volte tra il 2006 e il 2012 il boss Matteo Messina Denaro al porto di Mazara del Vallo e nelle campagne di Salemi. Scimonelli a Fogazza avrebbe detto: “Mi sono visto cu’ siccu (alias del capo mafia). È nervoso perché cominciano a mancare i soldi e non può pagare chi è in carcere…Nel 2012, Scimonelli mi chiese un’auto in prestito, gli diedi una Punto. Tornò con l’auto, le scarpe e i jeans tutti sporchi di fango. Gli ho chiesto: ma dove sei stato? E lui mi rispose che aveva incontrato Matteo Messina Denaro nelle campagne tra Mazara e Salemi. Un giorno, al bar, su un giornale c’era la foto di Messina Denaro e lui mi disse: e quando lo prendono? È completamente cambiato”.

Il sequestro che lo colpisce, che fa seguito a quello penale, riguarda appartamenti, ville e terreni, anche un appartamento a Milano. Un brillante quanto spregiudicato manager che riusciva anche a primeggiare nella famosa rassegna vinicola veronese del Vinitaly. Al pool della Dda di Palermo che ha indagato su di lui non sono nemmeno sfuggiti i continui viaggi in Svizzera, lui potrebbe essere stato l’uomo che per conto di Matteo Messina Denaro teneva le chiavi di “casseforti” elvetiche. Scimonelli avrebbe messo in collegamento diretto Messina Denaro con l’anziano Vito Gondola, capo mafia di Mazara, oggi rimasto fuori dai processi, dopo il suo arresto nel 2015, per gravi motivi di salute. Gondola sedeva alla destra di Totò Riina nella cena di Natale tenutasi nel 1991 a Mazara, alla vigilia delle stragi del 1992. I mafiosi si scambiarono auguri, e Riina annunciò le stragi oramai prossime, davanti ad una tavola imbandita con ostriche, aragoste e champagne.

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L’altro sequestro, operato dalla Dia di Trapani, ammonta a 4 milioni di euro e riguarda due imprenditori mazaresi, col pallino della politica. Sono Giuseppe e Andrea Burzotta, padre e figlio. Giuseppe fu consigliere comunale a Mazara negli anni ’90 e fu arrestato (operazione Petrov marzo ’94) ma poi assolto dalle accuse di mafia. Il figlio, Andrea, è stato consigliere provinciale e ora è consigliere comunale.

Le attività tecniche d’intercettazione, hanno fatto emergere interessi di Burzotta anche per l’eolico, settore notoriamente inquinato da Cosa nostra, i riscontri bancari e le numerose testimonianze acquisite hanno dimostrato che Burzotta avrebbe ricavato le risorse economiche, necessarie all’attività di sostentamento di taluni componenti del sodalizio mafioso mazarese, attraverso il sistematico ricorso ad attività finanziarie illecite oltre che alla gestione occulta di imprese intestate a compiacenti prestanomi. Il figlio Andrea sarebbe complice del padre nell’attività di trasferimento fraudolento di beni. Fra i beni sequestrati figurano: 11 fabbricati; 9 tra autocarri ed autovetture;25 lotti di terreno;   39 rapporti bancari; l’intero capitale sociale ed il compendio aziendale di 4 società. I provvedimenti di sequestro sono stati tutti emessi dal Tribunale delle Misure di prevenzione di Trapani.

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18 Luglio 2016, 09:23

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