Cronaca

Mazara, uno dei marinai: “Ci parlavano di uno scambio di prigionieri”

di

20 Dicembre 2020, 15:55

2 min di lettura

MAZARA DEL VALLO (TRAPANI) – “Ho sentito dai nostri carcerieri dell’ipotesi di scambio di prigionieri tra noi e dei libici in prigione in Italia. Ne hanno cominciato a parlare un mese dopo il sequestro e questo mi ha messo paura: sospettavo che i nostri carcerieri potessero essere dei terroristi”. L’ha detto Giri Indra Gunawan, indonesiano di 43 anni, tra i 18 marinai sequetrati a Bengasi e arrivati oggi a Mazara del Vallo. Sono cominciati nella caserma dei carabinieri a Mazara del Vallo gli interrogatori dei marinai dei pescherecci Antartide e Medinea. La procura di Roma aveva aperto un fascicolo d’indagine dopo il sequestro dei 18 componenti gli equipaggi in Libia. I pescatori sono interrogati da militari del Ros su delega della procura. Attualmente sono quattro le persone interrogate. Gli interrogatori proseguiranno anche domani.

Al momento sono interrogati in caserma Pietro Marrone comandante della Medinea, Bernardino Salvo, della Natalino, Giacomo Giacalone, dell’ Anna madre, e Michele Trinca del peschereccio Antartide. I quattro sono entrati in caserma intorno alle 15.

Articoli Correlati

“Ci gridavano, ci spingevano contro i muri. Dicevano parole incomprensibili, in arabo. Quello che capivamo era ‘Italia-Libia’, ripetuto ossessivamente”, come se la questione del sequestro dipendesse solltanto da accordi tra i due paesi “e noi ci sentivamo tagliati fuori”. Così il comandante del Meddinea, Pietro Marrone, uscendo dalla caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo, dove è stato interrogato dagli uomini del Ros per circa tre ore. “Ci umiliavano, ci mettevano paura – racconta – Ci sembrava che tutto fosse finito”. Il comandnte parla poi del suo ritorno e della tenacia della madre, Rosetta Ingargiola, 74 anni: “Contavo su di lei, so quanto è battagliera. Ha perso il marito, un figlio. Le resto solo io. Oggi abbiamo festeggiato mangiando finalmente alla mazarese: niente cous-cous, ma pasta”. Marrone dice “grazie al governo italiano” e chiede “un impegno del Paese sulla questione delle acque territoriali libiche”.

“I carcerieri ci dicevano che il nostro destino era legato al rilascio di alcuni prigionieri libici in Italia e che tutto dipendeva dagli accordi che il nostro Paese avrebbe raggiunto con il generale Haftar”. Lo dice Giovanni Bonomo, uno dei pescatori dell’Antartide che attende i suoi colleghi al momento interrogati nella caserma dei carabinieri di Mazara del Vallo. Il marittimo ricorda i concitati momenti del sequestro: “nell’area a 50 miglia dalle coste libiche c’erano 12 pescherecci. L’unica motovedetta libica è riuscita a bloccarne quattro avvicinandosi e sparando in aria. Due barche sono riuscite a scappare mentre noi siamo stati costretti a dirigerci verso Bengasi. Nell’immediato abbiamo chiesto aiuto alle motovedette italiane, ma ci hanno risposto che erano troppo lontane dall’area”. “L’esperienza del carcere è stata terrificante – aggiunge il marittimo – eravamo in una cella sporca e puzzolente, con i materassi a terra, sporchi di fango e impronte di scarpe”. (ANSA).

Pubblicato il

20 Dicembre 2020, 15:55

Condividi sui social