02 Maggio 2018, 05:18
3 min di lettura
CATANIA – La cosca Mazzei ha un nuovo capo militare. Ma non è un cambio al vertice effetto di un blitz o di un arresto. La nomina del nuovo boss è dovuta da uno strappo interno al clan. Carmelo Occhione “si sarebbe allontanato dall’organizzazione Mazzei per affiliarsi ad un’altra famiglia mafiosa”. E al suo posto sarebbe subentrato Maurizio Motta. Le cimici della Squadra Mobile seguono in diretta nel 2015 il momento di fibrillazione che sta vivendo la famiglia mafiosa catanese dopo la cattura del capo indiscusso Nuccio Mazzei, figlio di Santo u Carcagnusu. In ballo c’è lo scettro del comando del “Traforo”, così è chiamata la via Belfiore a San Cristoforo,
Il cambio nella reggenza è già emerso nell’ultima udienza del processo Target, ma analizzando le carte della magistratura si può scattare una fotografia ben precisa. Una foto che ha dei riflessi in tutto lo scacchiere della mafia catanese. Perché Carmelo Occhione non è un nome come tanti.
Poco dopo il blitz nel covo di Mazzei a Ragalna, la Squadra Mobile fa irruzione in una casa a San Cristoforo dove recuperano un arsenale. A finire in manette è Rosario Seminara. E insieme ad armi e munizioni sono sequestrati alcuni cellulari. Tra i contatti compare un numero che sarebbe riferibile a Carmelo Occhione, ma in realtà è utilizzato da una parente di Nuccio Mazzei.
A fine giugno 2015 si discute del passaggio di Carmelo Occhione a un altro clan. Seminara avrebbe inviato una lettera dal carcere alla donna invitandola a contattare Occhione. Lo sfogo con Salvatore Guglielmo, altro personaggio nelle mire della magistratura, è lapidario: “Ma se quello si è cambiato in un’altra maniera… dove me ne devo andare a dirglielo? Ma stai scherzando?…” E forse Seminara “ancora non lo sa, della bandiera”, commenta Guglielmo. E poi racconta che una persona sarebbe andata da lui a chiedere: “Ma è vero che ha cambiato bandiera?”. E Guglielmo racconta di aver risposto: “Io l’ho appena saputo, ma non è da adesso, almeno da sei mesi…”. La telefonata continua con una serie di offese nei confronti di Occhione. Addirittura alle orecchie degli affiliati sarebbe arrivata la conferma da uno del clan dove sarebbe transitato Occhione: “Ma è da sei mesi con noi! Lo stai capendo…?”
Nell’estate del 2015 le microspie in carcere registrano i colloqui tra Giuseppe D’Agostino, imputato nel processo, e la convivente. La notizia che Occhione ha lasciato i Mazzei sarebbe arrivata fin dentro le mura dell’istituto penitenziario. D’Agostino allora consiglia la compagna di andare da Melo “bafacchia”, nomignolo di Carmelo Giusti (processato nel rito abbreviato) per conoscere l’identità del nuovo reggente.
“Tu vai da Melo Occhione… ehhhh… da Melo Bafacchia… gli devi dire… signor Melo – mi ha detto mio marito – ora che Melo Occhione non c’è più, il punto di riferimento per parlare con le persone – gli devi dire – mio marito con chi ce l’ha… tu vedi che ti dice…”
E poco dopo aggiunge: “…Vedi cosa ti dice… appena ti dice “Maurizio… signora.. Maurizio”.
Per gli investigatori il riferimento a “Maurizio” vuol dire solo una cosa: che “Motta era stato nominato nuovo reggente dell’organizzazione”, scrivono. La conferma di questa intuizione investigativa arriva qualche giorno dopo. Sempre in carcere. Durante un altro colloquio tra Giuseppe D’Agostino e la convivente.
“… Tu gli devi dire a Maurizio “signor Maurizio mi sta dicendo mio marito… qualsiasi cosa deve parlare con lei? Perché non si sta capendo niente più”.
Insomma sarebbe diventato Maurizio Motta il vertice militare. Un nome che già compare nell’orbita dei Mazzei nel 1998.
Pubblicato il
02 Maggio 2018, 05:18