03 Aprile 2022, 18:05
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“Deve cummigliare (fonetico coprire) l’immondizia… ??”. Era l’estate del 2018. Alle orecchie dei finanzieri arrivava la voce di Antonello Leonardi, proprietario della Sicula Trasporti che gestisce la discarica più grande del sud Italia. Quella conversazione non colpì particolarmente all’inizio gli investigatori. Solo dopo altre intercettazioni capirono infatti che quel ‘cummugliare’ sarebbe stato il metodo per “coprire qualcosa di illecito”.
Le sessantasette pagine della sentenza del gup Andrea Filippo Castronuovo del troncone abbreviato del processo scaturito dall’inchiesta Mazzetta Sicula, che ha portato alla condanna di Delfo Amarindo – ormai ex dipendente del colosso dei rifiuti – per reati ambientali e concorso esterno e di Salvatore Pecora – funzionario del Libero Consorzio di Siracusa – per corruzione, sono la prima fotografia giudiziaria della gestione (“illecita”, scrive il Gup) dell’impianto dove finisce l’immondizia di oltre 200 comuni siciliani. Un impianto oggi sotto amministrazione giudiziaria.
Il giudice ripercorre attraverso le intercettazioni il ruolo di Delfo Amarindo. Era lui, infatti, quello che doveva ‘cummigliare l’immondizia’ che sarebbe stata abbancata senza il relativo passaggio, come prevede la legge, nelle biocelle per la biostabilizzazione. Quelle biocelle sarebbero state insufficienti a coprire le quantità di frazione organica che ogni giorno arrivavano. E così Leonardi (che sta affrontando il processo ordinario) avrebbe bypassato le normative in quanto avrebbero impedito “all’impresa di acquisire nuovi conferimenti dai comuni. Il rispetto delle tempistiche di trattamento del rifiuto avrebbe, in tal modo, ridotto – in maniera importante – i guadagni legati alla tariffa applìcata sul quantitativo del rifiuto in entrata”.
I Leonardi avrebbero potuto tenere questo modus operandi grazie alla complicità di alcuni funzionari, tra cui Pecora, che avrebbero avvertito in maniera preventiva dei controlli. In cambio l’imprenditore avrebbe elargito “soldi e regalie”. Il gup cita una conversazione in cui Salvatore Pecora avrebbe avvisato un collaboratore di Leonardi della “visita programmata dell’ente”. Ma gli ‘avvisi preventivi’ riguardavano anche le ispezioni dell’Arpa. Ma questa è una questione inerente il processo ordinario. Quando si avvicinava la data dei controlli in discarica si sarebbe operato per camuffare le irregolarità (anche sul percolato).
Antonello Leondardi avrebbe impartito a Delfo Amarindo precisi ordini. “Delfo, lo sai cosa devi “abbissare”, che oggi viene l’Arpa…là sotto…Ia punta di là …dal piazzale, c’è tutto quel” munzello” …che si vede da là sotto… !!” “perché si vede trappa brutta l’immandizia…!!! Senti, ci sona due punti, negli angoli, questo angoo qua e quella più sotto…che si vedono un poca di buste…!!! .
Rifiuto “abbìato” (buttato) e “cummigghiato” (coperto). Più volte questi termini vengono ripetuti nelle conversazioni intercettate dai finanzieri. Il gup fornisce una chiave di lettura: “il rifiuto tal quale scaricato direttamente nelle vasche della discarica, per passare inosservato, veniva coperto con materiale biostabilizzato”. Quello che è emerso dalle intercettazioni poi avrebbe trovato riscontro – secondo il giudice – in un intervento programmato il 28 febbraio 2019. I militari si presentarono in discarica con alcuni consulenti tecnici della procura e controllarono il carico di rifiuto di un camion “che non era stato sottoposto al processo di trattamento meccanico biologico (tmb)”.
Un capitolo della sentenza del giudice Castronuovo è dedicata all’interrogatorio a cui si è sottoposto Antonio Leonardi. Era il 14 luglio 2020. Qualche settimana dopo l’arresto nel blitz Mazzetta Sicula. L’imputato – sintetizza il gup – ha affermato che i”l conferimento del rifiuto tal quale avveniva in casi eccezionali, quando l’afflusso dei rifiuti era superiore a quello previsto dall’impianto”. Su Filadelfo Amarindo Leonardi ha dichiarava che era uno dei dipendenti che eseguivano i “suoi ordini” e che sapeva della sua vicinanza “con la criminalità organizzata”. Ed ha anche ammesso “di aver pagato denaro al clan Nardo tramite Delfo”.
Amarindo che è diventato collaboratore di giustizia ha sostanzialmente confessato la gestione illecita dei conferimenti dei rifiuti in discarica. “Filadelfo Amarindo si è occupato – scrive il gup – di attendere alle operazioni di conferimento dei rifiuti s non ammissibili in discarica, curando sistematicamente la copertura e l’occultamento dell’immondizia non tritata con quella regolarmente trattata, il tutto al fine di eludere i controlli”.
Leonardi ha precisato anche di aver effettuato versamenti di denaro in favore di Pecora che “versava in condizioni economiche difficili”. “Mi avvertiva dei controlli che erano pianificati nei miei impianti”. Dalle intercettazioni si evincono le “consegne di denaro”. Per Pecora, che ha ammesso di aver ricevuto alcune somme, però non sarebbe stato concluso “alcun accordo corruttivo” con Leonardi. Così però non è per il giudice che conclude: “Le dazioni di denaro eseguite da Leonardi in favore di Pecora non possono essere in quadrate come regalie o gesti di generosità. Esse, infatti, costituiscono il corrispettivo del mercimonio delle funzioni pubbliche”.
La sentenza è stata impugnata dalle difese. E infatti si è già aperto il processo davanti alla Corte d’Appello. Prosegue parallelamente il dibattimento davanti alla terza sezione penale del Tribunale. Nel corso dell’ultima udienza sono stati esaminati i consulenti delegati ad analizzare i rifiuti bloccati dai finanzieri prima che fossero conferiti nelle vasche. Tutto documentato anche dalla proiezione di alcune immagini dell’immondizia.
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03 Aprile 2022, 18:05