11 Maggio 2016, 15:43
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PALERMO – “Vuoi rifare gli esami del colesterolo? Torna tra cinque anni”. Qualche paziente ha dovuto ingoiare quella risposta, subire lo schiaffo e tornarsene a casa. Dove avrebbe fatto quattro conti: per capire se potesse o meno permettersi una visita “a pagamento”. Perché qualcosa è cambiato. Da un lato, il decreto Lorenzin sull’”appropiatezza” degli esami, dall’altro la “stretta” ai controlli sulle prescrizioni mediche. Scelte che hanno generato confusione e malintesi, ma soprattutto la decisione di molti siciliani di rinunciare alle cure.
Alla fine, per farla breve, quel decreto che avevo lo scopo di tagliare le spese sui farmaci e sugli esami diagnostici rimborsati dal Sistema sanitario nazionale, ecludendone un gran numero e fissando nuove linee guida sulle prescrizioni, ha finito anche per scavare un solco tra chi può e chi non può. Tra chi, tutto sommato, può mettere la mano in tasca e pagare (il doppio, il triplo rispetto a prima) un esame che il medico, terrorizzato, non prescrive più, e chi, mettendo le mani in quelle tasche, trova poco o nulla. “Appropriatezza”, viene chiamata la scelta di ridurre il ricorso alle prestazioni. Ma in pochi al momento ne hanno avvertito gli effetti benefici. Oggi, ad esempio, le categorie interessate, dai medici generici agli specialisti, passando per i titolari dei laboratori, incontreranno in Piazza Ziino l’assessore regionale alla Salute Baldo Gucciardi, per il primo dei tanto attesi “tavoli tecnici”. In tanti, tra i rappresentanti di categoria hanno chiesto di mettere al primo punto dell’Ordine del giorno proprio il tema del decreto Lorenzin che sta creando un solco tra cittadini e sistema sanitario pubblico e privato.
Di fronte ai pazienti disorientati, infatti, ecco i medici spaventati. Dalle decisioni del governo nazionale che si traducono, poi, nelle lettere che arrivano dalle Aziende sanitarie siciliane. Lettere che invitano i medici a non “esagerare” nella prescrizione di alcuni farmaci e ricordando che i farmaci prescritti in quantità superiori da quelle indicate dalle norme nazionali dovranno essere “pagate di tasca propria” dagli stessi medici. Che preferiscono molto spesso evitare guai, e comunicare al paziente la novità: “Da questo momento non posso prescriverti quella medicina o quell’esame. Niente ticket: se vuoi, devi pagarlo di tasca tua”.
“Un’azione di terrorismo nei confronti dei medici”, la definisce la Confederazione italiana per la tutela dei diritti in Sanità. “Abbiamo registrato – spiega Domenico Marasà – il calo del 30 per cento delle prescrizioni mediche. Secondo il decreto Lorenzin alcuni esami, come ad esempio quelli del colesterolo, qualora avessero un esito positivo per il paziente, potranno essere ripetuti solo dopo cinque anni”. Ma non è questo l’unico “dente che duole”. “Ad esempio – prosegue Marasà – le prestazioni odontoiatriche in molti casi sono rimborsate solo parzialmente. E in quei casi i pazienti decidono di rinunciare”.
E così, una delle conseguenze è quella denunciata appane due giorni fa anche dall’Ordine dei medici: il presidente Toti Amato ha parlato di “disparità sociali sempre più evidenti e profonde che danneggiano il benessere delle persone, compromettendone anche la dignità”. La dignità dei pazienti. Messa a dura prova, come racconta ad esempio Filippo Giannobile, medico di Medicina generale, la categoria che maggiormente ha risentito degli effetti del decreto Lorenzin. La categoria, insomma, che più di tante altre deve “recepire” lamentele e segnalazioni dei pazienti. “Quelle norme incidono su ogni tipo di prescrizione – racconta il medico, che è anche respnsabile del settore per la Cgil – come ad esempio quella di un semplice antibiotico come il Normix, o su farmaci gastroprotettori. Se superiamo anche di una sola confezione il limite indicato dal Ministero, ci viene chiesto di pagarla di tasca nostra”. E così, il medico preferisce non prescrivere più il medicinale, gettando nello sconforto pazienti che a volte non possono permetterselo. “E’ successo ad esempio – racconta sempre Giannobile – che un anziano sia venuto da noi per farsi prescrivere nuovamente un farmaco che era stato gettato per sbaglio dal nipotino. E non abbiamo potuto. L’errore di fondo – prosegue – è quello di aver fatto entrare dei semplici calcoli ragionieristici nell’attività medica. In maniera anche controproducente. Solo per fare un esempio: per evitare il ricovero di un paziente, posso prescrivergli un farmaco per quindici giorni. A quel punto supererei la soglia indicata dal ministero. Ma si tratterebbe di spreco? In realtà avrei fatto risparmiare molto di più al Sistema sanitario, evitando il più costoso ricovero”.
Ma nel racconto dei medici c’è di tutto. C’è ad esempio la paura nel prescrivere l’insulina o addirittura l’ossigeno. Senza parlare dei cosiddetti “farmaci ad alto costo”, quelli cioè previsti all’interno di una terapia a medio termine. Terapie la cui durata è decisa dallo stesso ministero. “Così ad esempio – racconta Giannobile – se le linee guida prevedono per una terapia la durata di un anno e lo specialista decide di farla durare due anni, il secondo anno il paziente dovrà pagare interamente il farmaco”.
La dignità dei pazienti, diceva il presidente dell’Ordine dei medici. Gli stessi pazienti, raccontano specialisti e medici generici, costretti, di fronte alla necessità disottoporsi a quattro esami da pagare interamente di tasca propria, a chiedere al medico: “Facciamone uno solo”. E così, a saltare in aria è la prevenzione, vera base, secondo tanti, per ottenere risparmi “strutturali” nella Sanità. “Il calo dell’aspettativa di vita recentemente registrato – spiega Marasà – è legato proprio all’abbandono della prevenzione”. “Migliaia di persone – conferma Pietro Miraglia di Federbiologi – non vanno più dallo specialista. Del resto, come si fa a dire a un paziente: se vuole, torni tra quattro, o cinque anni per ripetere un esame? E questo vale di fronte a pazienti colpiti da ictus, malattie vascolari, diabete. Ho visto gente morire nell’arco di due mesi, altro che anni…”. “Se ad esempio – racconta Marasà – decidi di fare un elettrocardiogramma al di fuori dell’età considerata a rischio, non potrai ripeterlo prima di cinque anni. Calcoli freddi e puramente matematici, che non tengono conto ad esempio di alcuni fattori di rischio come il fumo o altri aspetti che il medico è in grado di valutare autonomamente”.
Pazienti a volte umiliati dal nuovo meccanismo. E nella stragrande maggioranza dei casi, disorientati: “Tantissimi – racconta Giovanni Greco di Cittadinanzattiva – si sono presentati in questi mesi ai nostri sportelli chiedendo come mai non venissero assicurate le stesse prestazioni di prima. Fatti che creano anche uno scollamento tra il paziente e il medico. Quest’ultimo, del resto, si è sentito nel ‘mirino’: visto che il decreto Lorenzin prevedeva sanzioni nei suoi confronti”. Sanzioni che sarebbero state attenuate se non eliminate da una recente circolare del Ministero della Salute. Una prima, assai parziale marcia indietro, di fronte alle tante richieste di sospensione del decreto. Ma il “danno” è fatto.
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