16 Dicembre 2019, 06:14
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PALERMO – Quasi tre anni di carte bollate, osservazioni, risposte e contro-risposte, alternate da toni polemici e attacchi a mezzo stampa del sindaco in persona. Si chiude definitivamente l’istruttoria del ministero dell’Economia sul comune di Palermo: una vicenda iniziata a fine del 2016 con l’ispezione dei tecnici del dicastero e da cui è scaturita una querelle tra Roma e il capoluogo siciliano che si chiude con una nuova mazzata per Palazzo delle Aquile.
In una nota arrivata l’11 dicembre, infatti, la Ragioneria generale dello Stato passa in rassegna le ultime questioni ancora aperte e decide di inviare tutte le carte alla Procura della Corte dei Conti. Una decina di pagine, firmate da Biagio Mazzotta in persona, che se per alcuni rilievi riconosce i passi in avanti fatti da Palermo, per molti altri non può che prendere atto della divergenza di opinioni tra il comune e il ministero e rimettere tutto alla magistratura contabile.
Ma andiamo con ordine. L’arrivo a Palermo degli ispettori del Mef risale alla fine del 2016, a seguito di un esposto del M5s: i tecnici rimangono alcuni giorni negli uffici comunali, ma tanto basta per stilare un elenco di 46 irregolarità che vanno dalle partecipate al personale, dagli incarichi interni a quelli esterni. Irregolarità che risalgono anche ad anni precedenti, ma che costringono il comune ad attuare tutta una serie di misure lacrime e sangue: dal chiedere la restituzione di alcune somme percepite dai dipendenti (l’indennità da videoterminale) al taglio del fondo per il salario accessorio, dalla dismissione di alcune quote allo stop agli incarichi da dirigente a tempo determinato per gli interni, passando per alcune procedure considerate errate sul Coime e sulla Gesap.
Da lì ha preso il via un fitto carteggio che ha visto il comune rispondere ai rilievi, il ministero scrivere a sua volta e poi ancora le controdeduzioni da Palermo, fino alle note conclusive del Mef. Nel mezzo, però, ci sono stati anche attacchi aperti e a tratti violenti da parte di Orlando in persona contro i tecnici romani, con tanto di invio dell’incartamento all’autorità giudiziaria, ma dalla Capitale nessuna replica.
Nel luglio scorso piazza Pretoria ha risposto su 24 rilievi e di questi solo sette per il ministero sono stati “risolti”, mentre sei sono stati segnalati già nel gennaio scorso alla Corte dei Conti. Nella missiva di qualche giorno fa il ministero si sofferma su altre 19 criticità e per quasi tutte decide di mandare gli atti alla magistratura contabile. La relazione è un vero e proprio stillicidio: il comune di Palermo viene bocciato sulla dotazione organica, sui dirigenti ex articolo 90, sui lavoratori a tempo determinato, sulle progressioni orizzontali, sui pagamenti all’Avvocatura, sul salario accessorio ai dirigenti, sulle indennità al Segretario generale (che vanno recuperate), sulla mobilità tra Costruzioni industriali e Amg. E ancora disallineamenti, caditoie Amap, contenzioso con Amat sul taglio dei fondi per i biglietti ai disabili. Per non parlare della vicenda Coime, per la quale secondo il Mef è necessario rivedere l’accordo stilato nel 2000 proprio col governo nazionale dell’epoca. Infine la Gesap, con la Ragioneria che accusa il comune di atteggiamento contraddittorio: da un lato vuole mantenere le quote societarie, dall’altro prevede di vendere in futuro.
“Stante la divergenza delle posizioni assunte in ordine ad alcuni rilievi ancora da regolarizzare e nel rimettere all’autonoma iniziativa e responsabilità di codesto ente l’adozione delle misure atte a definire le questioni ancora sospese, in considerazione anche del tempo trascorso – scrive il Ragioniere generale dello Stato – si comunica di ritenere conclusa la presente trattazione, rimettendo alle valutazioni della magistratura contabile le questioni evidenziate”. E infatti la nota è inviata anche alla Corte dei Conti, al Viminale e ai Revisori dei conti del Comune.
“Questa vicenda è stata fin dall’inizio costellata di anomalie ed è un bene che si avvii comunque a conclusione – commenta il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando – Abbiamo assistito a una ispezione in cui il caso più eclatante è quello del Coime e dei suoi lavoratori: gli ispettori del ministero ignoravano documenti emessi dalla stessa struttura. In ogni caso prendiamo atto di queste conclusioni e siamo pronti a sostenere le nostre ragioni in eventuali passaggi successivi, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei lavoratori e dei servizi per i cittadini. Perché nessuno può pensare che si possa da un giorno all’altro mettere per strada centinaia di persone che hanno un rapporto lavorativo con il comune regolamentato dallo Stato ormai da anni”.
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16 Dicembre 2019, 06:14