23 Ottobre 2022, 05:29
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PALERMO – Il nuovo esecutivo nazionale targato Giorgia Meloni rafforza, nei fatti, il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani. Un primo dato politico corroborato da vari fattori.
Schifani in persona un paio di settimane fa aveva chiesto alla leader di Fratelli d’Italia che venisse mantenuto nell’esecutivo un ministero del Sud e che fosse guidato da un politico meridionale senza indicare però nessun nome. Alle rassicurazioni ottenute dalla futura premier sono i seguiti i fatti. Il Ministero del Sud (le cui competenze sono ancora in fase di definizione), affidato all’ex presidente della Regione Nello Musumeci (che gode di una forte copertura romana).
Una presenza nel governo che di rimando manda un segnale chiaro a potenziali malpancisti siciliani protagonisti della guerra senza esclusione di colpi che ha sbarrato la strada al bis di Musumeci e che promette di fare ballare la rumba anche al nuovo governo della regione. Una promessa difficile da mantenere al netto dei rapporti di forza emersi in sede romana. Anche per questo dal quartiere generale di Renato Schifani trapela una assoluta tranquillità. L’ex presidente del Senato è anche il primo presidente di regione a inviare un comunicato stampa poco dopo il giuramento del nuovo governo. “Auguri di buon lavoro alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a tutta la squadra di ministri del centrodestra. I cittadini si aspettano molto dal nuovo esecutivo e grandi sono le sfide da affrontare per risolvere le emergenze in corso e rilanciare il Paese”, si legge. “Sono pronto ad avviare da subito un confronto costante e costruttivo con il governo nell’interesse della Sicilia e dei siciliani”, dice Schifani suggellando una sinergia da mettere in campo nel più breve tempo possibile.
Il presidente, forte della lunga esperienza a Palazzo Madama, può del resto di rapporti politici e personali molto intensi con numerosi ministri dell’esecutivo: da Anna Maria Bernini a Gilberto Pichetto Fratin (neo ministro dell’ambiente con cui si dovrà ragionare di termovalorizzatori) passando per Adolfo Urso, Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini che da neo ministro delle infrastrutture lancia a pochi minuti dalla sua nomina un primo assist parlando della necessità di lavorare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Musica per le orecchie di Schifani che sul tema in campagna elettorale ha spinto sull’acceleratore. In ballo ci sono tantissime cose a partire dai fondi strutturali del mezzogiorno che gestirà il dicastero guidato da Raffaele Fitto. Le coperture romane e l’asse con Meloni e La Russa fanno dormire sonni tranquilli. Resta però l’incognita Gianfranco Miccichè.
Il coordinatore azzurro esce ridimensionato dal risiko romano che lo ha visto guidare la fronda a Palazzo Madama contro FdI e poi annunciare l’ipotesi dell’appoggio esterno vedendosi così sfumare la possibilità di ricoprire il ruolo di vice presidente del Senato (con un niet deciso dei meloniani dopo l’affaire La Russa). L’ex presidente dell’Ars, che pure potrebbe in extremis rientrare nella partita dei sottosegretari, punta i piedi e vuole rimanere in Sicilia diventando una potenziale mina vagante. Adesso le strade che portano all’assessorato alla Sanità e alla presidenza dell’Ars si fanno strettissime. I numeri all’interno del gruppo azzurro si fanno più risicati per tentare la partita della presidenza e ambienti vicini al presidente Schifani confermano che davanti a un “golpe” in aula il presidente si limiterebbe a prendere atto dell’assenza di una maggioranza politica e si dimetterebbe. Lasciando Miccichè e l’aula con il cerino in mano.
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23 Ottobre 2022, 05:29