06 Gennaio 2012, 06:47
2 min di lettura
Mentre il Titanic affonda, mentre i topi annegano nella stiva, in coperta – tra una tartina e l’altra – si svolge un grazioso dibattito sull’identità del colpevole. Lo schianto noto è solo l’ultimo in cronaca. L’iceberg commissariale si è ancora messo in mezzo tra il governo e la felicità che scrupolosamente persegue per noi tutti. Secchi i rilievi del prefetto a margine delle sue brucianti impugnative. Altrettanto ferma la posizione dell’assessore Armao: “Se il governo nazionale vuole puntare sulla crescita del Sud, inizia col piede sbagliato. I dati definitivi sulle istanze presentate per il Credito d’imposta dimostrano quanto interesse e quante attese vi siano tra gli imprenditori, siciliani e non”. Insomma, il canovaccio è tracciato. Secondo il Commissario Aronica sono troppi i pasticci contabili, formali e sostanziali, sotto il cielo dell’amministrazione. Secondo la giunta – per bocca di uno dei suoi più autorevoli esponenti – siamo al cospetto di un Sicilicidio premeditato, l’ennesimo.
Diciamo subito che la polemica in salsa autonomista contro gli oppressori romani non ci affascina. Non ci appassiona troppo la disfida, la signolar tenzone per stabilire di chi sia il torto. Ci interessa l’effetto pratico che è davanti gli occhi di tutti. La politica in Sicilia è ferma. Cioè, la politica vera: l’arte del governo e del dibattito intesa come replica concreta alle istanze delle persone. La politica che pagheremmo volentieri perché efficace e trasparente. Se ci sia un complotto in atto, se ci siano degli errori di valutazione in corso, lo vedremo. Di riffa o di raffa non si sfugge al principio: c’è una moltitudine di famiglie in attesa di risposte che il Palazzo, per propria responsabilità o per dannazione di oroscopo, non riesce a dare. Non è una novità, del resto. La Sicilia ha una gloriosa tradizione di malgoverno che rigurda pure i duri e illibati dell’ultima ora, coloro che criticano e che hanno contribuito allo sfascio del carrozzone.
Il punto dolente è nelle ferite profonde aperte da un tempo gramo. E’ il convitato di pietra nuovo, l’oste con cui fare i conti. Non possiamo più permetterci comandanti indolenti, segnali approssimativi e proposte indecenti. Dall’impatto con l’iceberg si salveranno i fortunati che sanno nuotare. E nessuno si illuda, nessuno si senta al sicuro. I topi annegheranno per primi, ma poi toccherà agli altri. Non c’è scialuppa di salvataggio che tenga contro la rabbia di un popolo allo stremo.
Pubblicato il
06 Gennaio 2012, 06:47