18 Novembre 2024, 06:04
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PALERMO – Smentisce la tesi dell’architetto Massimo Gentile, che lo accusa di essere la causa dei suoi guai, e al contempo lo difende. Si sorprende che una delle chiavi trovate nella sua macchina serva per aprire il garage dei misteri a Mazara del Vallo. Per lui è “un’alcova”. Si definisce uno degli “attori di questa storia”.
La storia, ancora tutta da scrivere, è quella di Matteo Messina Denaro. A parlare è Andrea Bonafede. Il 19 ottobre scorso il procuratore aggiunto Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo hanno interrogato in carcere l’operaio comunale di Campobello di Mazara che è stato al fianco del padrino trapanese nel periodo in cui lo hanno prima visitato e poi operato all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo.
Bonafede, omonimo del geometra che ha prestato l’identità al latitante, in primo grado è stato condannato per favoreggiamento aggravato e non per associazione mafiosa. È passata la linea difensiva dell’avvocato Tommaso De Lisi, ma in appello si sta rinnovando lo scontro fra accusa e difesa.
Il verbale dell’interrogatorio è confluito nel processo in abbreviato che vede imputati Cosimo Leone, Massimo Gentile e Leonardo Gulotta. Leone, tornato in carcere nei giorni scorsi su decisione del Tribunale del Riesame, è un tecnico di radiologia e sarebbe stato il gancio interno all’ospedale di Mazara del Vallo.
Gentile, che di mestiere fa l’architetto, avrebbe fornito a Messina Denaro un suo documento per acquistare una moto e una macchina. Gulotta, invece, avrebbe messo a disposizione del latitante il suo numero di cellulare.
“Sicuro al 100% che non avevo le chiavi di questo covo di Mazara del Vallo… anche perché se era un’alcova io avevo le chiavi del cancello?”, ha spiegato Bonagede ai pm che gli hanno mostrato le foto di decine di chiavi sequestrate dentro la sua macchina. L’indagato le ha collegato al suo lavoro di operaio comunale.
E l’alcova? Andrea Bonafede e Rosalia Messina Denaro, sorella del latitante, avevano due chiavi di altrettanti garage in via Castelvetrano a Mazara del Vallo nella disponibilità dei fratelli Giuseppe e Sabrina Caradonna. Da uno di essi si accede ad un locale attrezzato come un mini appartamento.
“Si vede mia cognata davanti e lui dietro… questi due che viaggiano insieme mi scusi… l’immagine è un pochettino tendenziosa… lasciamo stare – ha spiegato Andrea Bonafede – di sicuro io non aveva questa chiave, queste sono chiavi che aprono pure qualche lucchetto, qualche cancello… se io dovevo averne dovevo averne due, una del cancello e una del box”.
Andrea Bonafede è fratello di Emanuele, sposato con Lorena Lanceri una delle donne più fidate di Messina Denaro. Marito e moglie sono stati condannati. Lui per favoreggiamento aggravato, lei per concorso esterno in associazione mafiosa. Sulle chiavi trovate nella macchina di Andrea Bonafede sono in corso fatte ulteriore verifiche.
Con i documenti di gentile Messina Denaro ha comprato una Fiat 500 e una moto Bmw. L’architetto ha ipotizzato che Bonafede possa averglieli rubati quando ha lavorato per la sua azienda agricola.
“Non è vero. Non ho mai sottratto documenti a Gentile – ha ribattuto Bonafede -. Ho avuto in uso la fotocopia per metterlo in regola, per la posizione Inps quando raccoglievamo le olive, questo sì è vero non lo posso negare. L’ho data al consulente nel 2017 (la moto e la macchina sono stati comprati in epoca antecedente ndr).
Gentile non esclude che il “furto di documenti” possa esser avvenuto nel periodo in cui anche lui ha lavorato anche lui al Comune di Campobello di Mazara. Sull’architetto, del quale è stato compagno di liceo, Bonafede non ha dubbi: “Non credo che Massimo Gentile fosse a conoscenza di tutta questa situazione, magari è stato raggirato sì”.
Raggirato in che senso? “Che magari era ignaro di tutta questa cosa“. Ma questo documento come viene fuori? “Questo non glielo so dire, siamo tanti gli attori di questa storia non glielo so dire. Credo che non fosse a conoscenza di tutta questa situazione”.
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18 Novembre 2024, 06:04