Messina Denaro, il 3° diario: "C'è voluto uno Stato per distruggermi"

Messina Denaro, il terzo diario: “C’è voluto uno Stato per distruggermi”

Le ultime memorie del padrino

PALERMO – “C’è voluto uno Stato per distruggermi e nonostante ciò non ho avuto timore a sfidarlo”, scrive Matteo Messina Denaro nel terzo “libricino”.

È la parte dei diari dove l’autocelebrazione del padrino tracima nel delirio. Magnifica la sua esistenza sul filo del rasoio. Avventurosa e selvaggia perché la banalità non gli apparteneva. Un super uomo in mezzo ai mediocri.

Nel dialogo con la figlia, ancora minato dall’odio, il capomafia parla di “sangue”, “geni” e “stirpe”. L’enfasi del racconto gli serve forse per riempire la risposta incollerita di un padre verso la figlia che lo ha allontanato ma che alla fine lo abbraccerà.

Ha sfidato la morte, ripete spesso Messina Denaro, “per poterle sputare in faccia”. Il male di cui è stato una delle più squallide manifestazioni ha sedotto le persone che gli stavano intorno. Le donne soprattutto.

Per alcune di loro ha rappresentato l’uomo per eccellenza. È stato un onore averlo amato. Il delirio non conosce limite. Messina Denaro riversa nei diari pensieri che non hanno un filo logico, deraglia in cerca di una umanità che non gli appartiene. La malattia lo ha provato, la solitudine anche. Gli è rimasta una vuota apologia di sé stesso.

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