17 Giugno 2009, 11:53
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Vestito di tutto punto e abbandonato nella piazza di Castelvetrano, così è stato trovato Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, il 30 novembre del 1998. Morto ma da latitante, in quello che probabilmente è il massimo per un uomo d’onore di Cosa nostra. Ben vestito, pronto per un funerale degno di un boss.
La famiglia, annualmente, gli dedica un necrologio sul Giornale di Sicilia e fra le firme in calce c’è sempre anche quella di Matteo. In particolare, il 30 novembre 2006, nelle colonne del giornale palermitano, è stata riportata un’iscrizione in latino: spatium est ad nascendum et spatium est ad morendum. “E’ tempo di nascere ed è tempo di morire” si potrebbe tradurre la prima parte del necrologio. Un passo tratto dalla Bibbia, dal terzo capitolo delle Ecclesiaste, nel più classico degli stili di Cosa nostra. Non a caso, ai tempi, gli inquirenti guardarono a quel messaggio con sospetto, temendo che fosse un messaggio criptico nel più classico dello stile-Provenzano.
Il resto del necrologio recitava (più o meno): “vola soltanto colui che vuole e il tuo volo è stato per sempre sublime”. Un’iscrizione, comunque, romantica, lontana anni luce dai racconti dei pentiti. Come quanto rivelato da Gioacchino La Barbera, su Matteo Messina Denaro: un killer spietato, che non si è fatto scrupoli neanche nell’uccidere una donna incinta, Antonella Bonomo, fidanzata del boss di Alcamo, Vincenzo Milazzo, caduto anche lui nell’agguato.
Il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, allora solo sostituto aveva avvertito: “questa iscrizione in latino, con parole così solenni, è la migliore risposta a chi pensa che i mafiosi siano pecorai che stanno rinchiusi in tuguri fra ricotta e cicoria”. La speranza dei siciliani è che Matteo non faccia la stessa fine del padre: che non muoia anche lui latitante. (A.C.)
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17 Giugno 2009, 11:53