PALERMO – Alcuni sono già stati processati e condannati, altri sono in attesa del verdetto. Altri ancora sono solo indagati. Senza contare le identità finora nascoste. È piena di nomi la rete di connivenze, riscontrate o presunte, che ha aiutato Matteo Messina Denaro.
Il mondo sanitario
Un capitolo ancora da sviluppare riguarda, ad esempio, il mondo sanitario. La parola chiave è consapevolezza: in tanti hanno avuto a che fare con il padrino di Castelvetrano. Erano coscienti della sua reale identità quando lo hanno visitato, curato o operato?
La lista dei medici indagati per favoreggiamento si è allungata per ultimo con il nome di Antonino Pioppo, ex primario di oculistica all’ospedale Villa Sofia di Palermo, poi passato a guidare il reparto al Civico. Prima di lui era toccato all’endoscopista Francesco Bavetta e al chirurgo Giacomo Urso, entrambi in servizio all’ospedale di Mazara del Vallo (il secondo ora è al Civico di Palermo).
Sempre per favoreggiamento è stato arrestato Alfondo Tumbarello, il medico di base che ha prescritto le ricette intestate al geometra Andrea Bonafede e il tecnico radiologo Cosimo Leone. Il primo attende la sentenza, il secondo è stato condannato nei giorni scorsi nel processo in cui c’è stata l’unica assoluzione delle persone finora sotto accusa.
Il bracciante assolto
Il giudice, infatti, ha scagionato il bracciante agricolo Leonardo Gulotta. La sua vicenda ruota attorno ad un numero di cellulare. Secondo i pm di Palermo, l’imputato, che era stato anche arrestato, avrebbe fornito un’utenza usata da Messina Denaro al momento di comprare una macchina. L’accusa, però, non ha superato il vaglio del giudice. Cosa non abbia convinto emergerà solo dalla motivazione.
La ricostruzione dei pm era stata accolta dal giudice per le indagini preliminari che firmò l’ordinanza di custodia cautelare e poi dal Tribunale del Riesame che però aveva derubricato l’ipotesi di reato da concorso esterno in associazione mafiosa alla meno grave di favoreggiamento.
Quel “5” di troppo
Al momento di comprare l’auto e di stipulare l’assicurazione Messina Denaro, nel 2014, aveva fornito un cellulare che risultò intestato a Gulotta. In realtà era quasi uguale ad un altro numero certamente usato da Messina Denaro e intestato ad una donna. Differivano soltanto per il penultimo numero, da 515 a 555.
Al di là della stranezza e del possibile errore, già valutato dal Riesame, la Procura riteneva che ci fossero altri elementi a carico di Gulotta. Delle due l’una: o Messina Denaro aveva volutamente fornito il numero errato per evitare che gli investigatori arrivassero all’identificazione della donna e dunque del latitante. Oppure Messina Denaro aveva sbagliato senza accorgersene al momento di fornire il numero.
L’accusa
La Procura è sempre stata certa che esistesse una terza ipotesi: il numero era realmente quello di Gulotta. Messina Denaro, ed era la tesi dell’accusa, successivamente all’acquisto sarebbe stato contattato dalla concessionaria per ritirare il libretto e il doppione della chiave della macchina. Non è stato possibile riscontrarlo perché non esistevano più i tabulati telefonici. Se tutto è filato liscio, però, hanno sostenuto i pm, vuol dire che Messina Denaro fu contattato al cellulare di Gulotta.
La difesa
Quest’ultimo ha sempre respinto l’accusa. Della macchina sulla sapeva. Ha negato di conoscere Messina Denaro e con l’operaio Andrea Bonafede (colui che gli avrebbe chiesto aiuto) aveva avuto una frequentazione risalente nel tempo.
In sede di interrogatorio disse: “La mia compagna era compagna di scuola di sua figlia quindi diciamo una frequentazione da compagni di scuola ma è durato circa un annetto a livello di scuole superiori dopodiché ci siamo piano piano allontanati ognuno per la sua strada, è rimasta diciamo la conoscenza per questo. Dopodiché non abbiamo mai avuto rapporti che so di andare a cena fuori insieme o zero rapporti, calcoli che è durato allìincirca un annetto se è stato 2008 2009″.
La compagna di Bonafede aveva fornito una versione diversa: “Lo conosco in quanto legato da rapporti di amicizia con i figli di Bonafede Andrea. Lo stesso era molto in confidenza con Bonafede Andrea. In più circostanze ho visto Bonafede Andrea intrattenersi a parlare con questo soggetto con cui si incontrava sia al parco acquatico sia presso l’abitazione di Bonafede. Lo stesso in più occasioni ho avuto modo di vederlo presso l’abitazione di Bonafede Andrea sia solo sia in compagnia della ragazza. Questa persona unitamente alla compagna era abitualmente in rapporti di frequentazione con Bonafede Andrea ed i suoi figli. Ora che mi dite il nome ricordo che la chiamavamo Leo”.
Sul punto la difesa aveva controbattuto che dai tabulati non era emerso alcun contatto fra Gulotta e Bonafede e che il latitante si era servito dell’identità di quest’ultimo “solo a partire dal 2020 a seguito della scoperta della sua malattia e dunque in un periodo temporale successivo a quello in cui si sarebbero verificati i fatti in contestazione”. Due tesi contrapposte. Il giudice Marco Gaeta ha dato ragione a quella difensiva.
Le identità nascoste
Nel frattempo si indaga ancora per dare un volto alle identità nascoste che fanno capolino nei pizzini sequestrati a Messina Denaro. “Parmigiano”, “W”, i “Gatti”, il “Politico”, “Reparto”, “Ciliegia”, “Stazzunara”, “Grezzo”, “Complicato”: chi sono gli uomini o le donne citate dal capomafia?