Messina Denaro, l'ergastolo "bianco" e i silenzi del cognato

Messina Denaro, l’ergastolo “bianco” e i silenzi del cognato

Filippo Guttadauro è ancora al 41 bis nonostante abbia finito di scontare la condanna

PALERMO – Gennaio 2016-gennaio 2023: sono anni che Filippo Guttadauro vive in carcere da internato al 41 bis. Presto potrebbe tornare libero grazie ad un “aiuto” inaspettato del cognato, Matteo Messina Denaro.

Guttadauro ha finito di scontare la condanna, ma è socialmente pericoloso e dunque gli è stata applicata una ulteriore misura di sicurezza.

È internato presso la “casa lavoro” nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo. Il giudizio di pericolosità sociale del cognato dell’ex latitante (ha sposato la sorella Rosalia) è stato confermato di recente. Il suo status viene mantenuto di proroga in proroga. In gergo carcerario viene definito “ergastolo bianco”.

Filippo Guttadauro

Uno dei motivi chiave, ma non l’unico, è stata finora la latitanza del cognato per conto del quale aveva gestito il potere mafioso a Castelvetrano, fino al giorno del suo arresto nel 2006.

Portavoce del latitante

Era il “portavoce” del latitante. A lui spettava il compito di mantenere i collegamenti tra il capomafia trapanese e Bernardo Provenzano. Ma si occupava anche della corrispondenza fra Messina Denaro e Maria Mesi la donna che giurò amore eterno al latitante ed ora è di nuovo indagata.

La sua identità era celata con il numero 121 nella copiosa documentazione trovata a Montagna dei Cavalli, ultimo covo corleonese di Provenzano. Guttadauro si occupava anche di fare avere al cognato le lettere d’amore di Maria Mesi.

Ora Messina Denaro è stato arrestato, ma ci sono altri elementi in ballo per la valutazione della pericolosità sociale.

Le sorti di Guttadauro, secondo la Procura di Palermo, stavano particolarmente a cuore ad Antonello Nicosia, condannato per mafia in primo grado. Era l’assistente parlamentare dell’ex deputata Giuseppina Occhionero.

L’intervento dell’ex deputato

Le battaglie legittime in difesa dei diritti dei detenuti sarebbero divenute per Nicosia un pretesto per portare avanti gli interessi dell’organizzazione mafiosa. “Nicosia il 1 febbraio 2019 si era recato insieme all’onorevole Giuseppina Occhionero (allora di Leu e oggi di Italia Vica) nella casa circondariale di Tolmezzo, ove si trovava Guttadauro – si leggeva nel capo d’imputazione – per fargli visita, per rassicurarlo del proprio impegno relativo alla sua causa e, a tale scopo, proponendosi anche di presentare una interrogazione parlamentare per il tramite dell’onorevole”.

Cosa che avvenne nella seduta della Camera del 7 marzo 2019, quando la deputata parlò delle criticità strutturali del carcere di Tolmezzo, spiegando che i locali destinati alla “casa lavoro” erano sostanzialmente coincidenti con quelli per l’espiazione delle pene detentive.

Da qui l’accusa a Nicosia di avere contribuito alla catena di solidarietà in favore di Guttadauro.

Pochi giorni dopo l’interrogazione parlamentare del 2019, in occasione dell’udienza a Udine per il Riesame della misura di sicurezza, la difesa di Guttadauro raccontò dei ripetuti tentativi degli investigatori di convincerlo a collaborare con la giustizia. Niente da fare, un muro di silenzio. Guttadauro resta internato al 41 bis, a sei anni dal fine pena.


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