Miccoli, il debito e l'estorsione | "Summit per chiudere la vicenda" - Live Sicilia

Miccoli, il debito e l’estorsione | “Summit per chiudere la vicenda”

Fabrizio Miccoli e Mauro Lauricella

Sotto processo ci sono Mauro Lauricella, figlio del boss della Kalsa, e Gioacchino Alioto. La posizione dell'ex capitano del Palermo è stata stralciata. In aula la presunta vittima racconta le tensioni legate all'apertura di una discoteca.

PALERMO – Lo convocarono nel retrobottega di una trattoria alla Kalsa. E gli fecero capire che era meglio pagare. C’erano “quattro o cinque persone grandi”, ricorda Andrea Graffagnini. Grandi nel senso di “pesanti, influenti e in un ambiente che non mi piaceva”. Uno di loro prese la parole. Era “amico del padre di Mauro”, ed era lì “per chiudere la vicenda”. Secondo l’accusa, si trattava di Gioacchino Alioto, personaggio di cui c’è traccia nei verbali di Tommaso Buscetta.

Mauro è Mauro Lauricella, figlio di Antonino Lauricella, il boss della Kalsa soprannominato Scintillone, oggi sotto processo assieme ad Alioto per estorsione aggravata dall’avere agevolato Cosa nostra. A chiedergli di intervenire per recuperare il denaro legato alla cessione della discoteca Paparazzi di Isola delle Femmine, di cui Graffagnini era socio, sarebbe stato il calciatore Fabrizio Miccoli.

All’ex fantasista del Palermo, la cui posizione nell’inchiesta è stata stralciata, si era rivolto Giorgio Gasparini, ex fisioterapista della società rosanero. Dei ventimila euro che voleva indietro ne recuperò solo duemila. “Graffagnini non si faceva trovare – aveva detto in aula Gasparini, rispondendo alle domande pubblico ministero Maurizio Bonaccorso – e allora chiesi aiuto agli amici che avevo conosciuto a Palermo”.

È stato lo stesso pm a chiedere ieri in aula a Graffagnini di ricordare quanto avvenne nel 2011 a Palermo. L’antefatto è del 2007, quando Gasparini acquista da Graffagnini (in società con un altro giocatore, Andrea Barzagli, oggi alla Juventus, che vendette le quote nel 2008 ndr) il 51% del capitale della società Papa Cult sas che gestiva la discoteca Paparazzi. L’accordo prevede il pagamento di 42 mila euro, di cui 20 mila subito versati a titolo di acconto (dieci mila a Graffagnini e altrettanti a Barzagli). Il saldo sarebbe stato pagato alla firma del contratto. Cosa mai avvenuta. Nel frattempo Gasparini dice di avere speso dei soldi (prima quantificati in 22 mila euro e poi in otto mila) e pretende che vengano detratti dal saldo.

All’inizio del 2008 Gasparini si allontana da Palermo per tre mesi. Al suo rientro, invece di saldare il debito fa sapere a Graffagnini di volere annullare il contratto e lo invita a cercare nuovi acquirenti. Cosa che avviene. Solo che Graffagnini e Gasparini non trovano l’accordo sulle cifre da incassare. Della faccenda, a questo punto, sarebbero stati investiti Miccoli, Lauricella e Alioto.

Le indagini su Mauro Lauricella partono dalla caccia al padre latitante. Gli investigatori sentono una sua conversazione con Miccoli, (il 22 giugno nel 2010) che incarica il figlio del boss di recuperare le somme. Il giocatore si è difeso davanti ai pm dicendo di avere contattato Lauricella solo perché lui conosceva tutti i gestori delle discoteche.

“Senti una cosa Mauro – dice Miccoli a Lauricella – eh… i primi di luglio poi quando vengo, dobbiamo andare a parlare con sto qua. Eh, andiamo io, tu e lui andiamo, ci andiamo a mangiare una cosa a cena e poi… poi quando ci vediamo… capito parliamo un attimo. Va bene? Allora io appena scendo a Palermo ti chiamo, noi ci vediamo da soli io e te, ti spiego un po’ come è la situazione, perché non dobbiamo parlare solo della situazione mia, c’è un’altra cosa, poi ne parliamo di persona… poi andiamo a cena con questo qua e, gli diciamo le cose come stanno! Va boh?”. “Va bene – gli risponde Lauricella – te la sbrigo io appena scendi, capito?”.

Tra luglio e ottobre del 2010 Lauricella tenta di recuperare le somme. Non ci riesce ed è ora che chiamerebbe in causa gli “amici di papà”, tanto che a uno degli appuntamenti partecipa anche Alioto. Dopo la riunione in trattoria alla Kalsa, e siamo giù nel 2011, in occasione della partita in trasferta contro il Milan, Miccoli avrebbe consegnato a Gasparini una busta con tre assegni per complessivi sette mila euro. Solo che gli assegni restano insoluti. Gasparini incassa solo duemila euro. Ad inizio 2012 Graffagnini viene convocato dagli agenti della Direzione investigativa antimafia per un interrogatorio: “Ne ho parlato con Lauricella al campo di allenamento Tenente Onorato di Boccadifalco – ha ricostruito ieri in aula -. Gli ho detto che stava facendo una stronzata e lui mi rispose che l’aveva fatto in buon fede per Fabrizio”.

Dopo la riunione alla Kalsa, per paura – anche questo è stato ricordato in aula – “mi sono trasferito a Milano: “Incontrai Gasparini in un ristorante. Era con Inzaghi che è un mio amico. Mi avvicino e Gasparini inveisce contro di me. Poi una sera alla discoteca Hollywood siamo quasi arrivati alle mani. Inzaghi ha preso Gasparini e lo ha allontanato”.

“Nessuna pressione per recuperare i soldi – spiega il legale di Lauricella, l’avvocato Giovanni Castronovo – come è emerso nella deposizione di Graffagini”. E come emergerebbe dal fatto che dopo gli episodi contestati i due avrebbero mantenuto buoni rapporti, testimoniati da alcune serate trascorse insieme in discoteca.


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