28 Gennaio 2017, 06:04
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PALERMO – È nata per aiutare i siciliani a trovare lavoro. Alla fine, almeno per qualche anno, il lavoro lo ha trovato solo ai formatori. E per ottenere questo risultato, tra il 2009 e oggi, la Sicilia ha speso qualcosa come un miliardo e mezzo di euro.
È questa la grande contraddizione, il vero fallimento della Formazione professionale siciliana. Macchina drena-soldi e generatrice di consenso politico. Tutte queste considerazioni, pochi anni fa, furono messe nero su bianco nella relazione finale di una commissione d’inchiesta sul settore, nata all’Ars. Il boom delle assunzioni si registrò nel periodo che va dal 2000 al 2008 (circa il 60% dell’intero personale), con picchi tra il 2006 e il 2008. Esattamente sotto elezioni. Assunzioni che, scriveva la commissione, sono state “formalmente totale appannaggio degli enti di formazione, i quali hanno spesso applicato criteri non oggettivi, anche per la mancanza di regole chiare e vincolanti”. Insomma, clientele.
Perché il settore della Formazione, fatta la tara per le eccellenze e per i tanti addetti di buona volontà, è stato soprattutto questo. Una macchina di sprechi. Una regione parallela, piazzata nel limbo che sta tra il pubblico e il privato. Con tutti i vantaggi del primo e le libertà del secondo.
Libertà di assumere, tanto per cominciare. Nel 2011, annotava la stessa commissione di inchiesta, i soggetti occupati in questo settore, erano circa diecimila: 7227 operatori degli enti, 1835 negli sportelli e un migliaio nell’Oif. Lavoratori che rappresentavano addirittura il 46% dell’intero personale della Formazione in Italia. Insomma, la metà degli addetti alla Formazione italiana lavorava in Sicilia. Tra questi, solo uno su tre era provvisto di laurea (il 34%), mentre il 59% era in possesso di un diploma di scuola media superiore. E questi dipendenti, in molti casi, scriveva la commissione, hanno lavorato in enti “privi di strutture adeguate, di esperienza e di professionalità, di esperienze e professionalità misurabili”.
Da lì, qualcosa è cambiato indubbiamente. E adesso il mondo della Formazione siciliana è simile a un campo di battaglia. Saranno circa 3.500 i dipendenti in grado di tornare a lavoro grazie al recente Avviso 8. Mentre per i circa 1.700 ex sportellisti la Regione ha inserito una norma che dovrebbe consentire il loro impiego nel Ciapi. Il resto, è sospeso tra le speranze di prepensionamento e la rabbia.
Il sistema è dimagrito, insomma. Ma non senza strascichi. Perché nonostante la crescita patologica del settore, restano sul tappeto, spesso, storie di disperazione familiari e personali di lavoratori rimasti senza un lavoro. Anche a causa di scandali che hanno fatto emergere gli aspetti più oscuri e inquietanti di questo comparto.
A fine anno è arrivata per il deputato regionale Francesco Riggio, eletto col Partito democratico, la condanna per il cosiddetto “scandalo Ciapi”. Di pochi giorni fa, la condanna invece a Francantonio Genovese nell’inchiesta sui “Corsi d’oro” nella Formazione che ha messo in ginocchio un sistema formato da una galassia di enti che assicuravano un impiego a centinaia di persone nel Messinese. Questa sentenza è stata anticipata, pochi giorni prima, dall’operazione che ha portato ai domiciliari Paolo Genco, presidente del mega-ente Anfe. Accuse tutte da provare in tribunale, in questo caso ovviamente. Ma anche qui, non mancano i punti oscuri. Soprattutto sul piano dei controlli nei confronti degli enti. Controlli che sarebbero stati quantomeno “allegri” da parte della Regione e della sua burocrazia.
Burocrazia che nel frattempo è finita nelle cronache giudiziarie con la figura che in maniera più compiuta rappresenta la macchina regionale e la Formazione: l’attuale Segretario generale ed ex dirigente generale della Formazione Patrizia Monterosso. Nelle stesse ore dell’arresto di Genco, la dirigente chiedeva il giudizio abbreviato dopo essere stata accusata di un mega-peculato che indirettamente si lega alla vicenda dei cosiddetti “extrabudget” nella Formazione. Una vicenda che ha portato a una condanna contabile nei confronti della stessa Monterosso, a 1,3 milioni di euro. Cosa erano gli extrabudget? Erano somme che la Regione erogava ad alcuni enti, in aggiunta a quelli previsti dai Piani regionali per l’offerta formativa che erano a loro volta mega-progetti costati carissimo ai siciliani.
Quanto? La Formazione siciliana, solo negli ultimi otto anni, è costata qualcosa come un miliardo e mezzo di euro. I Piani regionali prima, e quelli finanziati dall’Unione europea dal 2011, con l’avvento dell’assessore Centorrino, hanno determinato un esborso per la Regione che oscilla tra i 136 milioni dell’ultimo Avviso (che presto però salirà a quasi 170 milioni) ai quasi 300 milioni l’anno per i programmi più datati.
Il risultato? Prima, bisognerebbe ricordarsi il motivo per cui nasce la Formazione. Che non era quello di garantire un lavoro ai formatori, ma di favorire, attraverso questi, l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Ecco, oggi la disoccupazione giovanile in Sicilia si attesta al 56 per cento. E non è storicamente nemmeno il dato peggiore. L’Isola comunque è tra le dieci peggiori regioni d’Europa: qui i ragazzi che non hanno non solo un futuro, ma nemmeno un presente, sono ancora troppi. E la Formazione siciliana non li ha aiutati, in questi anni di miliardi e abusi. Dati alla mano, insomma, la Formazione siciliana altro non è stata se non una costosa, anzi costosissima bolla di sapone.
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28 Gennaio 2017, 06:04