Proiettili per Ciancimino | e due magistrati - Live Sicilia

Proiettili per Ciancimino | e due magistrati

Avrebbe dovuto deporre a Palermo, nel processo contro l'ex deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante, ma l'udienza è stata spostata a Milano per motivi di sicurezza. A spiegare il motivo ci pensa lui stesso, Massimo Ciancimino, figlio di "Don Vito", da poco diventato un 'grande accusatore'. A lui sarebbe stata recapitata una busta con tre proiettili e tre fotografie, la sua, quella di Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, i magistrati che stanno raccogliendo le sue dichiarazioni
Il figlio di Don Vito depone a Milano
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Avrebbe dovuto deporre a Palermo, nel processo contro l’ex deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante, ma l’udienza è stata spostata a Milano per motivi di sicurezza. A spiegare il motivo ci pensa lui stesso, Massimo Ciancimino, figlio di “Don Vito”, da poco diventato un ‘grande accusatore’. A lui sarebbe stata recapitata una busta con tre proiettili e tre fotografie, la sua, quella di Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, i magistrati che stanno raccogliendo le sue dichiarazioni.

“Ho ricevuto diverse minacce – si legge nell’articolo di Salvo Palazzolo su Repubblica – l’ultima dieci giorni fa. Diceva che mi sto mettendo tutti contro, magistrati, imputati e istituzioni. E pure che non avrei avuto molta strada e che avrei incontrato altro tipo di proiettili”. Intanto l’udienza del processo a Giovanni Mercadante è stata spostata a Milano e Ciancimino ha potuto parlare dei rapporti fra questi e Provenzano. Parla anche di un delicato incarico che, negli anni ’80, era stato affidato a suo padre. La moglie di Mercadante, infatti, avrebbe avuto una relazione clandestina con l’imprenditore Enzo D’Amico, per cui era stata richiesta, dal boss di Prizzi Tommaso Cannella (parente di Mercadante) una lezione esemplare. Ma la persona in questione era, a sua volta, nipote di Pino Lipari, uno dei fidati del padrino corleonese. Così Don Vito avrebbe fatto da mediatore imponendo all’imprenditore un “esilio” che originariamente sarebbe dovuto essere di tre anni, poi sceso a uno.

Parla anche di fatti più recenti, Massimo Ciancimino. “Almeno tre volte fra il 1999 e il 2002 ho visto Provenzano nella casa romana dove mio padre scontava gli arresti domiciliari. Mio padre era certo ci fosse uno pseudo-accordo in base al quale Provenzano poteva muoversi tranquillamente in Italia e all’estero”. A Palermo l’ex sindaco, sempre secondo quanto dichiarato da Cianciminoo jr, aveva quattro diverse linee telefoniche. In una di queste riceveva telefonate solo da quattro persone. Una di queste era l’ingegner Lo Verde. Ovvero Bernardo Provenzano. (A.C.)


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