30 Settembre 2012, 15:50
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PALERMO – “Sapevo di dover presentare il comitato elettorale, non mi aspettavo questo ‘casino'” dice Gianfranco Micciché alla folla che questa mattina ha esaurito i posti a sedere della sala del cinema Tiffany, per partecipare alla presentazione del comitato.
Il leader di Grande Sud affronta subito l’argomento più spinoso, la polemica sugli inquisiti candidati nelle liste che sostengono la sua corsa alla presidenza, che vede nella candidatura di Franco Mineo la questione più scottante. Il deputato uscente è accusato di intestazione fittizia di beni, usura, malversazione e peculato. “A Giovanna Marano che mi chiede se proprio non potevamo fare a meno dei voti di Mineo – dice Micciché – io rispondo che non è un problema di numeri. É un problema etico: io mi sento eticamente più a posto così, perché sono sicuro che se avessimo escluso Mineo dalle liste, fra due mesi ne avremmo avuto rimorso. Non volevo un altro caso come quello di Mercadante, o di Mannino. Inoltre abbiamo già una sua lettera di dimissioni irevocabili, alle quali Mineo si è impegnato in caso di condanna. A lui, come a tutti i candidati dico ‘va travagghia’, fai serenamente la tua campagna, senza cercare voti che non ci servono, i voti di quelli che vorebbero danneggiare la Sicilia”.
Una posizione che vuole essere al tempo stesso una difesa del candidato e un impegno alla trasparenza. Inevitabile il confronto con altri partiti che hanno schierato condannati e inquisisti: “Non farò il suo nome né quello del partito che lo candida, ma c’è un nostro concorrente condannato per violenza privata”. Un probabile riferimento a Mimmo Fazio, candidato del Pdl e condannato in appello nel 2006 (pena l’interdizione ai pubblici uffici e una multa di 1520 euro) per aver, secondo i giudici, provato a indurre l’allora amministratore delegato dell’Ato rifiuti “Terra dei Fenici”, Vincenzo Sciortino, alle dimissioni.
Micciché ha un tono ottimista: “Non sarà una campagna difficile, i nostri concorrenti sono vuoti”. E snocciola i dati del sondaggio condotto nell’ultima settimana: “Musumeci al 27,5%, Crocetta al 26%, io sono dato al 24,5%”.
Si passa al programma: i tre “pilastri”, come recita il documento distribuito al pubblico e alla stampa, sono la riforma della pubblica amministrazione, nuovi rapporti con l’Unione europea e lo Stato centrale, l’azione di governo volta all’incentivazione delle attività produttive.
“Dobbiamo passare da un sistema autorizzativo a un sistema dei controlli”. Micciché fa l’esempio delle 24 autorizzazioni necessarie per l’installazione degli impianti fotovoltaici, alcune delle quali vengono espedite in tempi troppi lunghi. “Quando Musumeci parla di snellire la burocrazia io rispondo che bisogna invece cambiare tutto il sistema. Da noi non basta rispettare la legge, bisogna anche essere autorizzati a farlo e ogni passaggio è come un casello autostradale dove il nostro paese si mette in fila, mentre viene superato da altri”. Per fare questo, spiega alla platea, c’è bisogno di soldati e non di amici. Promette il pugno duro contro i dirigenti che non rispetteranno le tempistiche.
Ma “non licenzierò 26.000 dipendenti regionali”. “L’Europa – affonda poi – ci chiede di diminuire le uscite, dobbiamo invece aumentare le entrate, promuvendo le imprese e gli investimenti stranieri”, rispetto alle quali, dice, “bisogna fare inversione a U”.
“L’economia siciliana deve tornare in mano ai siciliani” è il punto centrale del programma di Grande Sud. Il governatore, spiega Micciché, deve ricordare “al governo centrale che quello con la Sicilia è un rapporto pattizio”. Un’impronta autonomista rimarcata dalle battuta: “Bisogna cominciare a distinguere tra ciò che è legittimo per legge e ciò che invece è giusto”, mentre sui rivali nella corsa verso Palazzo d’Orleans, il leader di Grande Sud ha le idee chiare: “Se non fossi candidato voterei Mariano Ferro dei Forconi”.
C’è tempo anche per entrare nel dettaglio delle proposte di Micciché per risollevare le sorti della Sicilia. A cominciare da un fondo di rotazione affidato all’Irfis per coprire i debiti che non consentono il rilascio alle aziende del Durc (il documento che attesta la “regolarità” dei conti): “E’ fattibile, – assicura Micciché – i soldi ci sono. Ho già avuto un confronto con i vertici Irfis e ho incassato la loro piena disponibilità” .
Ed ecco anche una proposta choc, ancora allo studio e non inserita in programma: una moneta complementare da adottare nell’isola. Agevolerebbe gli scambi commerciali locali e diminuirebbe il debito della Regione con l’erario. Per illustrarla Micciché chiama sul palco Massimo Costa, docente di Economia aziendale, fra i redattori del programma.
Potrebbe essere uno dei papabili assessori tecnici. Infatti, se sulla squadra di governo Micciché non vuole fare anticipazioni (“non deciderò da solo, ma insieme ai partiti che mi appoggiano”) assicura però che almeno uno o due assessorati “chiave” verranno affidati a persone estranee alla politica.
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30 Settembre 2012, 15:50