21 Luglio 2023, 09:49
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Gentilissimo Ministro Fitto,
nel leggere l’intervista pubblicata su Live Sicilia lo scorso 16 luglio, ho elaborato alcune considerazioni che brevemente vorrei condividere con Lei. Le dico subito che la Sicilia non dovrebbe essere annoverata nell’esclusivo “club” del Sud, ovvero del Mezzogiorno. Il nostro è un arcipelago bagnato dal mare, nel quale i restanti, che non hanno avuto ancora la possibilità di scappare, vivono l’insularità come una punizione e, peggio ancora, chi resiste nelle Terre alte della Sicilia la doppia punizione legata alla doppia insularità. Nell’intervista, Lei parla a nome del governo Meloni e afferma che “tutti i comuni del Mezzogiorno saranno inseriti nella Zes”. Un’affermazione che, se dovesse concretizzarsi, avrebbe delle importanti refluenze negative, a mio modo di vedere, per il popolo siciliano. Tuttavia, non ha sortito alcun effetto, soprattutto tra i politici che non mancano di reagire, attraverso i rispettivi uffici stampa, ad ogni piè sospinto.
La Sicilia non ha bisogno di misure di sviluppo legate al credito di imposta, il credito d’imposta deve maturare e da queste parti, oltre ad essere reduci dalla pandemia prima e dalla guerra in Ucraina dopo, scontiamo l’atavica crisi economica che da sempre ci prende a morsi. In realtà, sono certo della sua buona fede, l’uscita dal cappello delle “ZES per tutti” distoglierebbe l’attenzione da tante altre questioni che lo Stato ha da sempre gestito “nel nome della leale collaborazione”, soprattutto nei rapporti con la Regione Siciliana, indi, con le genti di Sicilia.Insomma e questo è il mese a cui meglio si addice il concetto, lo Stato tende a depistare sull’illegale disapplicazione degli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto (solo i primi due articoli citati varrebbero circa 20 miliardi di euro l’anno di imposte e tasse, che vi trattenete a Roma, per carità, sempre “nel nome della leale collaborazione”); sull’inapplicazione della Legge 18/2017 (34 % del Bilancio dello Stato da destinare per investimenti ordinari al “Mezzogiorno” e in quota parte alla Sicilia).
Per non parlare dell’insularità e della oramai divenuta favola del costo che gli isolani dobbiamo sostenere quale tassa di restanza e che dire delle grandi incompiute, destinatarie di finanziamenti in capo all’Europa o allo Stato. L’esecutività di tali progetti li rende idonei al finanziamento con il PNRR. Che fine faranno queste ingenti risorse un attimo dopo essere state “liberate” e passate in capo al piano di ripresa pensato dall’Europa? Aggiungerei, anche, l’inutilità di decine di opere finanziate in Sicilia con il PNRR e che non muoveranno di un milionesimo di punto il PIL dei territori destinatari del finanziamento. Una tra le tante, un plesso scolastico (scuola primaria) di Castellana Sicula (Pa), verrà abbattuto e ricostruito a fronte di un “prestito” di circa 2 milioni e settecento mila euro.
Le sue dichiarazioni, ribadisco frutto di un ragionamento insindacabile in capo al suo Ufficio e di cui nutro il massimo rispetto pur non condividendole, depistano anche sulla mancata spesa del Quadro Comunitario di Sostegno 2014-2021 (miliardi di euro), pensato per la Regione Siciliana, o sulla rinuncia per bisogno, sempre “nel nome della leale collaborazione”, da parte del governo regionale, alla retrocessione delle accise da parte dello Stato (€ 8.492.250.753,90), in cambio di una manciata di milioni, che avrebbero dovuto finanziare i Livelli Essenziali di Assistenza. Sig. Ministro, è a conoscenza che dalla notte dei tempi lo Stato al popolo siciliano riserva eccellenti Livelli Essenziali di Carità (LEC)? In Sicilia desideriamo solo camminare dignitosamente e lo Statuto autonomistico ce lo consentirebbe, le iniziative che a Roma e ad orologeria tirate fuori dal cappello (non per magia, i conigli si mettono prima), servono solo per correre in percorsi accidentati. Mi permetta, serenamente, queste forme di depistaggio continuano a umiliarci.
Se lo Statuto autonomistico preoccupa lo Stato e la burocrazia romana (20 miliardi l’anno, oltre l’applicazione dell’articolo 38 e il resto che ho descritto in precedenza), il Parlamento ha gli strumenti per cambiare la Costituzione, ma nelle more di illuminate (a favore di altre e più voraci parti del Paese) scelte politiche si applichino le Leggi e la Carta Costituzionale della Regione Siciliana, come avviene nel resto dell’Italia e in altre Regioni a Statuto speciale. Mi consenta un’ultima considerazione. Per le Terre alte siciliane abbiamo proposto (dal basso, si direbbe nel ‘900) al Parlamento regionale una soluzione che segna il passo da oltre 3018 giorni, nel recente passato alcuni irresponsabili politici siciliani l’avrebbero trasformata in materia “sorvegliata” (?).
Deve sapere che è allo studio della Commissione legislativa per le Attività produttive dell’ARS, un DDL che dispone l’istituzione delle zone franche montane e che lo stesso inspiegabilmente continua a segnare il passo, nonostante la Regione Siciliana può autonomamente legiferare riguardo alla istituzione di zone franche montane. Siamo in tanti ad attendere una formale smentita, con tanto di firma e timbro tondo, rispetto a questa affermazione. Non me ne voglia, ma alla pari del de minimis, per le Terre alte non è idoneo nemmeno lo strumento (previsto per le ZES) del Credito di Imposta, in quanto queste aree, come spiegato prima, oltre a vivere la criticità della doppia insularità, sono fortemente depresse e, per ovvi motivi, gli operatori economici, a parte qualche sparuta eccezione, non maturano alcun credito nel contesto delle rispettive attività imprenditoriali.Quindi, interpretando il desiderata di chi ancora resiste in queste Terre di confine e ha il diritto di risiedervi in quanto non vi è nato per errore, rifiutiamo la vostra offerta delle “ZES per tutti” e andiamo avanti. Con sincera stima.
Vincenzo Lapunzina (presidente dell’associazione zone franche montane Sicilia)
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21 Luglio 2023, 09:49