Cronaca

“Mio figlio disabile a casa con me, senza scuola né riposo…”

di

27 Ottobre 2020, 18:44

2 min di lettura

PALERMO- “L’altro giorno il mio ragazzo ha afferrato un pennarello e l’ha scagliato. Non voleva farmi del male, ma era esasperato, è stato il suo modo per esprimere rabbia, paura. Mi ha preso in pieno, adesso ho un piccolo buco sulla fronte”. Lei, la chiameremo soltanto così per una privacy che va protetta, ha un ragazzone autistico, bello e grande, e ha Lui, accanto, un marito gentile con cui formano una coppia unita da profondo amore. Lei e Lui hanno altri figli, ma il pensiero, per ora: “è tutto per il mio ragazzo speciale, di sedici anni, smarrito come non gli era mai capitato”.

I ragazzi speciali e lo smarrimento

E’ la storia di una famiglia, ma chissà quante altre famiglie si riconosceranno come in uno specchio pieno di tenerezza, risvegli difficili e crepe. Quel ragazzo speciale, con la didattica a distanza, con tutti i rapporti cambiati, con la vita scompaginata dal virus, si è un po’ smarrito, ma si ritroverà, perché ha un cuore saldo. “Viviamo la paura – dice Lei – se mio figlio si contagia, sta male e sono costretti a portarlo via in ambulanza, io devo andare, non posso lasciarlo solo. Si alza alle sei e comincia la giornata. C’è tutto da organizzare, è necessario assisterlo, accompagnarlo. Ha le sue crisi, ha le sue fissazioni, comincia a saltare… Mio marito, che è il migliore compagno di viaggio possibile, va al lavoro. In casa c’è uno stipendio. Sono una mamma, però, ogni tanto, ho bisogno anche io di staccare, di respirare, di passare lo straccio… Mio figlio senza la scuola in presenza non sa che fare, non può reggere, compie dei passi indietro e siamo preoccupati, le lezioni online non sono lo stesso e la scuola era stata già chiusa per sostituire i banchi. Perché non si pensa a tutelare la disabilità? Dovrebbe essere la prima cosa, il pensiero più urgente”.

“Il dolore alla bocca dello stomaco”

Dallo specchio emergono i profili di chi sta vivendo la stessa situazione, di chi si sente imprigionato in un incastro. Eppure, combatte, per amore. Lei racconta: “Ho sempre un dolore alla bocca dello stomaco, come se un pugno me la stringesse. Se avessimo risorse, prenderemmo un educatore personale per il nostro ragazzo speciale, ma non possiamo. La diagnosi è arrivata presto. Ho fatto e abbiamo fatto di tutto, pure inventare i libri adatti a lui, cambiarli, renderli familiari. Di notte non ho dormito per aiutarlo a crescere e non dormo da giorni. E adesso che mi sto toccando la fronte, mentre parlo, passo le dita sopra il buco lasciato dal pennarello e mi prende la disperazione. Mio figlio mi sta chiamando. Mi scusi”. La telefonata si interrompe di colpo. Il coraggio è immenso, non bastano parole per descriverlo, quando perfino strofinare il pavimento con lo straccio diventa un sollievo. E può capitare che certe mamme e certi papa, lungo interminabili notti insonni, sognino un’altra vita. Ma non la sceglierebbero mai. Perché amano in questa.

Articoli Correlati

Pubblicato il

27 Ottobre 2020, 18:44

Condividi sui social