17 Gennaio 2010, 00:36
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Alla vigilia del decennale della morte di Bettino Craxi abbiamo intervistato Turi Lombardo, ex assessore regionale del Psi. Il partito, la vicenda personale (con un lungo processo sfociato in un’assoluzione piena) e politica. E ancora, gli inviti alla riabilitazione di una fase storica, a cominciare dal gesto simbolico di intitolare una via all’ex presidente del Consiglio, morto in Tunisia. Lombardo parla anche dell’attuale fase politica siciliana, e di quel suo “cinico” omonimo…
Onorevole Lombardo, pronto per andare ad Hammamet?
“Sì, è tutto pronto. Partiamo domani ”.
Socialista incrollabile lei. Persino su internet, se si digita l’indirizzo col suo nome, si giunge a una pagina intitolata “Socialismo oggi”. Ma che significa essere socialisti oggi. È davvero possibile?
“Guardi, socialismo oggi-fasci siciliani è un aggregato politico, sociale e umano di gente che si riconosce in un ideale. Che ha un discrimine netto, giusto per chiarirci subito, essere socialisti oggi vuol dire sempre e comunque far parte della sinistra”.
E allora i vari Brunetta, Cicchitto, e tutti gli ex socialisti che si trovano dall’altra parte?
“Quelli non sono ex socialisti. Sono persone che, in passato, sono stati socialisti. Ma ora non lo sono più. Non si scappa: non si può essere socialisti militando dall’altra parte”.
Va bene, ma anche a sinistra non è che tutti vi amino
“Si è davvero socialisti se si sta, anche male, a sinistra. Non se si sta bene a destra”.
Una strada a Craxi, anche a Palermo e Catania. Lei è d’accordo?
“Certamente. Eppure, le devo dire, io per tutta la mia vita di militante avevo molto avversato Craxi”.
Poi che successe?
“Successe che mi mandarono in carcere (Lombardo subì un processo decennale terminato con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, ndr). Quando uscii, Bettino mi volle conoscere. Lo andai a trovare ad Hammamet. E lì, finalmente, conobbi l’uomo. In un certo senso, devo ringraziare i magistrati che mi accusarono”.
Che uomo conobbe?
“Certamente non era un ladro. Di questo sono sicuro”.
Per molti non era solo un ladro, ma anche un latitante.
“Guardi, le racconto solo questo aneddoto. Bettino stava molto male. E fu ricoverato in un ospedale tunisino. Nonostante fosse la migliore struttura del posto, le condizioni non erano ottimali. Così cercammo di farlo ricoverare al San Raffaele di Milano. Gli dissero che l’unica soluzione sarebbe stata quella di mettere i carabinieri dietro la porta della sua camera. Non ci fu pietà, buon senso. Lui rifiutò. E lo avrei fatto anch’io”.
Quindi, d’accordo con l’idea di intitolargli una via a Palermo. Ma, lei che l’ha conosciuto, se Craxi avesse potuto scegliere, avrebbe preferito avere una strada vicino piazza Sturzo o vicino via Togliatti, zona Fiera?
“Credo (ride, ndr) che avrebbe evitato le vicinanze. Avrebbe studiato bene la toponomastica e alla fine avrebbe scelto un luogo esattamente nel mezzo”.
Di pochi giorni fa la notizia dell’assoluzione definitiva per Calogero Mannino. Un altro protagonista della “prima Repubblica”. Lei ritiene, alla luce anche di questi fatti, che quel periodo vada in qualche modo riletto, rivisitato?
“Si dovrebbe. Ma non credo ci sia gente disponibile a farlo”.
Il rischio non potrebbe essere invece quello di un eccessivo revisionismo? Che alla fine, insomma, sono tutti buoni dopo essere stati tutti cattivi?
“Sì, il rischio esiste. E la colpa è della magistratura. Se avesse fatto semplicemente il proprio mestiere, anch’io gliene sarei stato grato. Avrebbe tolto di mezzo alcuni ladri che, questo è vero, c’erano nel mio partito, come negli altri. E avrebbero reso anche il gioco democratico più trasparente, onesto. Il problema è che la giustizia si è politicizzata. E lo dico, purtroppo, perché ci sono passato in prima persona”.
Appunto. Lei è stato accusato di associazione a delinquere, è stato in carcere per oltre sei mesi. E dopo dieci anni assolto con formula piena.
“Bisogna capire che una vicenda come questa rovina la vita di una persona. Quando ero in carcere chiesi di farmi processare subito, in cambio della mia rinuncia, in caso di condanna, alla richiesta di misure alternative. Ma non ci fu niente da fare”.
Insomma, socialisti, democristiani, questa magistratura avrebbe fatto danni un po’ dovunque…
“Devo dire che da un po’ di tempo c’è stato un cambiamento. Prima si mettevano dentro le persone, e poi si cercavano le prove. Da quando c’è il procuratore Grasso, quantomeno, prima si cercano i riscontri”.
Lei critica i magistrati, e poi sostiene alle regionali la lista di Rita Borsellino…
“Gliel’ho detto, meglio stare male a sinistra, piuttosto che stare a destra”
Vale anche per l’appoggio alla lista Garibaldi per Orlando a sindaco?
“Lì con ancora maggiore sofferenza. Si figuri che quando Orlando venne a parlarmi di questa cosa, mia moglie non voleva nemmeno che lo ricevessi. Alla fine dovette accettare. Ma non ci portò il caffè. Lo preparò e mi chiamò dalla cucina: ‘è pronto’. Mi alzai e lo portai io a Orlando”.
Senta, due luoghi comuni sul suo partito. Il primo: i socialisti sono tutti ladri.
“C’erano ladri anche nel mio partito, è vero. Dei profittatori. Ma non solo lì. Il problema fu che bisognava abbattere Craxi. Era lui la chiave di tutto”.
Secondo luogo comune: “Dove ci sono due socialisti, ci sono almeno tre correnti”.
“Questo è vero (ride, ndr). Non lo posso negare”.
La rappresentazione chiara, qualche anno fa, fu la scelta dei due figli di Craxi di appoggiare, uno il centrosinistra, e l’altra il centrodestra.
“Nessuno dei due ha preso dal padre. Stefania è troppo viscerale. Bobo è un fanciullone. Bettino era un’altra cosa”.
Veniamo a oggi e alla Sicilia. Lei qualche tempo fa ha chiesto il diritto di tribuna all’Ars. Come è finita?
“Tante belle parole. E basta. Io sollevavo un problema reale: oltre 800mila siciliani non sono rappresentati in Assemblea. Ma finì in un nulla di fatto. D’altra parte, la Regione è un caos”.
Niente tribuna, quindi, troppo caos. C’è più ordine in una tribuna dello stadio? Lei è tifoso?
“No. O meglio, sono tifoso ma non vado allo stadio. Mi ci portarono una volta, e il Palermo perse. Adesso le guardo solo da casa”.
Lei è stato spesso assai critico nei confronti del governatore Lombardo. Disse una volta che il presidente della Regione “ci fa vergognare di essere siciliani”. Ma non è un autonomista come lei?
“Non scherziamo. Raffaele lo conosco. Fu assessore dopo di me. E spesso mi chiamava disperato, perché le volte che si presentava come ‘assessore Lombardo’ tutti lo chiamavano Turi”.
E lei che gli diceva?
“Lo rincuoravo: ‘non ti preoccupare, prima o poi conosceranno anche il tuo nome’”.
Ha indovinato. Adesso regge le sorti della Sicilia. E il suo partito autonomista è cresciuto tanto.
“Ma lui non ha niente dell’autonomista. Lui è un doroteo cinico. È un pragmatico. E basta”.
Quando lei era assessore, faceva parte di un governo il cui presidente, Rino Nicolosi, era democristiano. Condizione simile a quella dell’avvicinamento del Pd a Lombardo?
“No. Qui la politica non c’entra. Quello di oggi è solo mercimonio. Il Pd ha paura che alle prossime elezioni dimezzino i loro deputati. Così infilano assessori e gente nei gabinetti. Per stare attaccati al potere”.
Lei si è candidato alle ultime elezioni regionali. Altri progetti a breve termine?
“Non credo che mi ricandiderò più. L’esperienza delle ultime regionali mi serviva per una verifica. Sono stato il primo della mia lista. È stata una gratificazione personale. Se fossi stato eletto, certo, avrei dato un riferimento a tutti quelli che la pensano come me. E non sono pochi. Continuerò a lavorare al mio progetto politico”.
Cioè?
“L’idea me la diede proprio Bettino Craxi, nel ’96. Mi disse che bisognava puntare su formazioni politiche fortemente legate al territorio. Poi magari in grado di confederarsi. Tra l’altro, mi diceva ‘voi in Sicilia, con tutti i problemi che avete, lo trovate un modo per unire le persone’”.
Ci risiamo con questo radicamento al territorio. Le ricordo che al momento i partiti che ne stanno facendo una battaglia politica sono proprio l’Mpa di Lombardo, e Gianfranco Micciché, che ha affiancato la Sicilia alla sigla del Pdl. Non finirà per allearsi con loro?
“Questo mai. È gente con la quale non parlare. Anzi, se solo il sistema lo consentisse, uno sgarbo glielo farei: mi candiderei alla presidenza della Regione. Ho già lo slogan pronto: ‘Non è Lombardo, se non è Turi’”.
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