Cronaca

Miriam, morta a 17 anni per una diagnosi sbagliata: condanne

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08 Marzo 2022, 15:08

2 min di lettura

PALERMO – Miriam Battaglia aveva solo 17 anni quando morì all’ospedale di Termini Imerese.
I medici non avrebbero diagnosticato una trombo embolia polmonare. Il quadro clinico, invece, fu erroneamente trattato come un caso di addome acuto con emorragia pelvica.

Per omicidio colposo sono stati condannati a due anni ciascuno di carcere: Alessandro Casimo, Giuseppe Catanesi, Giuseppe La Rocca, Valeria Romano e Alessandro Chines. Dovranno anche risarcire i familiari della ragazza, parte civile al processo con l’assistenza all’avvocato Claudio Alessandro Colli.

La corsa in ospedale e la diagnosi sbagliata

Il tribunale presieduto da Vittorio Alcamo ha concesso la sospensione condizionale della pena.
Unico assolto il cardiologo Domenico Di Vincenzo, difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Francesco Paolo Sanfilippo.

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Myriam si presentò al pronto soccorso di Termini Imerese in preda a lancinanti dolori addominali. La studentessa aveva iniziato a stare male al rientro della scampagnata di Pasquetta. Si pensò a una intossicazione. Peggiorava di ora in ora e così i parenti l’accompagnarono al pronto soccorso.
Fu sottoposta a una serie di visite e accertamenti per effettuare la diagnosi. Si ipotizzò anche un avvelenamento. Alla fine fu eseguito un intervento chirurgico di laparotomia.

Un elettrocardiogramma letto male

I familiari sporsero una denunzia, ritenendo che vi fossero stati errori da parte dei medici dell’ospedale di Termini Imerese. La Procura della Repubblica dispose l’autopsia. La conclusione fu che la ragazza era morta per un’embolia polmonare. Secondo l’accusa, un’errata interpretazione dell’elettrocardiogramma effettuato da Di Vincenzo avrebbe indotto in errore tutti gli altri medici.

Si va verso il ricorso in Appello

I legali di Di Vicenzo hanno sempre sostenuto che il loro assistito si fosse limitato a refertare in maniera corretta l’esame senza avere mai visto la paziente, e quindi non aveva avuto la possibilità di effettuare la diagnosi di embolia. Degli altri medici invece sarebbe stata la responsabilità di non avere avviato subito una terapia che avrebbe potuto evitare il decesso. Una ricostruzione contestata dalle difese che presenteranno ricorso in appello.

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08 Marzo 2022, 15:08

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