Moglie di Lo Piccolo un mese fuori| “Il Coronavirus non c’entra”

di

07 Maggio 2020, 12:57

3 min di lettura

PALERMO – Personaggi simbolo della mafia palermitana con destini giudiziari diversi. Hanno lasciato il carcere Antonino Sacco e Rosalia Di Trapani, mentre sono rimasti in cella Settimo Mineo e Gaetano Riina.

Non sempre c’entra il Coronavirus, anche se ormai la polemica sulle scarcerazioni ha finito per mettere tutti dentro lo stesso calderone dello scandalo.

Non basta essere anziani e malati per ottenere la detenzione o gli arresti domiciliari. C’è differenza: agli arresti domiciliari vanno coloro che sono ancora in attesa di giudizio, mentre la detenzione è per chi già scontando una pena.

Dell’elenco dei 376 nomi “eccellenti” di chi non è più in carcere c’è Sacco, uno dei triumviri che aveva preso il potere a Brancaccio, feudo dei fratelli Graviano, stragisti ed ergastolani. Assieme a lui c’erano Giuseppe Faraone e Cesare Lupo.

Sacco si trova in detenzione domiciliare, ma non è tornato a Palermo. Sta seguendo, infatti, un percorso di riabilitazione nel Nord Italia in una struttura al di fuori del carcere, ma sotto stretta vigilanza. Arrestato nel 2011 da allora Sacco sta scontando una condanna a 15 anni e 4 mesi, a cui vanno detratti i giorni di liberazione anticipata riconosciuti a tutti i detenuti per buona condotta.

Articoli Correlati

Detenzione domiciliare pure per Rosalia Di Trapani, moglie settantenne del boss Salvatore Lo Piccolo e madre di Sandro, entrambi ergastolani. Di Trapani nel 2018 è stata condannata a 8 anni con sentenza definitiva per un’estorsione aggravata dal metodo mafioso. La donna, detenuta a Messina, è gravemente malata ed ha subito pochi mesi fa a Catania un delicato intervento chirurgico per un tumore. Il tribunale di sorveglianza di Messina le ha concesso il trasferimento per un mese in una struttura che accoglie anziani a Messina in modo che possa sottoporsi ad un ciclo di radioterapia. “Non c’è alcun riferimento al Coronavirus – spiega l’avvocato Salvatore Silvestro che assiste al donna assieme all’avvocato Alessandro Campo -, il permesso le è stato concesso per curarsi perché la struttura carceraria non poteva garantire le cure indispensabili. Il Tribunale, oltre a vietare ogni tipo di contatto con i parenti, neppure telefonici, le ha imposto di restare a Messina”.    

La sentenza di condanna riguardava un’estorsione aggravata a due commercianti, titolari del “Mercatone della carne” della borgata palermitana di Tommaso Natale, che la donna avrebbe imposto durante la latitanza di moglie e marito, mettendo in contatto i titolari con il legale di famiglia, l’avvocato Marcello Trapani poi divenuto collaboratore di giustizia.

A dire no alla scarcerazione di Settimo Mineo, il boss che ha presieduto la nuova e ultima cupola di Cosa Nostra, nel 2018,  è stato il gip che lo sta processando. La Procura ha chiesto una condanna a vent’anni di carcere per il capomafia di Pagliarelli, che una condanna definitiva l’ha già scontata. Una volta libero aveva deciso di serrare i ranghi con gli altri importanti capimafia della città. Dall’alto della sua età e della sua esperienza mafiosa gli era stato assegnato il compito di presiedere l’assise mafiosa per serrare i ranghi dopo la morte di Totò Riina.

A proposito di Riina, il fratello Gaetano, ha ricevuto il no al differimento della pena da parte del magistrato di Sorveglianza di Torino, città dove è detenuto. Il mafioso soffre di alcune patologie e da anni vive con un rene solo, ma le sue condizioni generali vengono definite “discrete”. Dopo il no del magistrato alla scarcerazione si attende la decisione del Tribunale in composizione collegiale.

Ci sono poi centinaia di detenuti, 456 per la precisione, che hanno chiesto di essere scarcerati e su cui i magistrati devono ancora decidere. Con il nuovo decreto del governo i giudici dovranno prima acquisire il parere della Direzione nazionale antimafia e delle Direzioni distrettuali antimafia che conoscono il profilo criminale. La lista con centinaia di nomi è già sul tavolo del ministro Alfonso Bonafede che la sta analizzando d’intesa con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Si tratta anche di boss di peso, come ad esempio Raffaele Cutolo, fondatore della Nuova Camorra Organizzata. Il suo caso è al vaglio del Tribunale di Sroveglianza.

Pubblicato il

07 Maggio 2020, 12:57

Condividi sui social