Mori: “Noi a favore del 41 bis per i boss”

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08 Febbraio 2011, 19:47

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Mario Mori risponde colpo su colpo. Dopo la testimonianza resa dal magistrato Alfonso Sabella, l’ex generale del Ros dei carabinieri – sotto processo a Palermo per favoreggiamento alla mafia – espone, ancora una volta, la sua versione attraverso dichiarazioni spontanee.

Dichiarazioni che prendono in considerazione le vicende legate al mancato rinnovo dei provvedimenti che assegnavano il 41-bis, il “carcere duro”, per 140 detenuti nel novembre 1993 e per 300 nel gennaio 1994. Mori sottolinea come da parte del Ros il parere (espresso nel luglio e nell’agosto del 1993) sia sempre stato a favore del rinnovo del regime detentivo duro.

L’ex alto ufficiale dell’Arma confuta quanto dichiarato da Giovanni Conso, Guardasigilli dei governi Amato e Ciampi (febbraio ’93-aprile ’94), sul significativo “distensivo” nei confronti di Cosa nostra attribuito al mancato rinnovo dei provvedimenti di 41-bis. Perché Provenzano (autore della strategia della ‘sommersione’) non era ancora il capo – ‘brillavano’ di più le stelle di Brusca e Bagarella – e perché la mafia non aveva affatto abbassato il tiro, contrariamente a quanto sostenuto da Conso. Mori cita un verbale di interrogatorio reso al pm di Firenze, Giorgio Chelazzi, nel 2002, in cui Conso aveva sostenuto di aver mantenuto la volontà “chiara e convinta” nel rinnovare i provvedimenti come fatto dal suo predecessore in tema di carcere duro. “Si vede che ha cambiato opinione” aggiunge in aula Mori con un pizzico di ironia e sottolinea come al tempo in cui fu tolto il 41 bis ai boss mafiosi, negli ambienti politici, istituzionali e giornalistici non si mosse nulla. Soprattutto da parte della stampa particolarmente “sensibile a questi argomenti”. Poi, nella memoria consegnata ai giudici, la ricostruzione delle vicende legate alla cattura del latitante Farinella e il trattamento del confidente Maniscalco.

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Infine Mori giudica “di assoluta gravità” le parole di Alfonso Sabella “che ha parlato di un patto tra il Ros e l’ala mafiosa vicina a Provenzano”. ”Considerazioni simili – ha concluso Mori- sono ancora più gravi in quanto riferite a soggetti, come esponenti dei carabinieri, che dovrebbero tutelare le istituzioni” . Va sottolineato, comunque, che il magistrato aveva espresso una sua opinione personale a conforto della quale non aveva prove.

L’accusa, rappresentata in aula dal pm Nino Di Matteo, si è opposta solo all’acquisizione dei verbali di interrogatorio della procura di Firenze che riguardano Conso, sostenendo che sarebbe stato più corretto proceduralmente interrogare l’ex Guardasigilli in aula.

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08 Febbraio 2011, 19:47

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