20 Ottobre 2009, 09:59
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Dopo tanti articoli, trasmissioni, ricostruzioni più o meno azzardate, il principale imputato, quello contro cui tutti puntano il dito, si alza in piedi e parla. Rende dichiarazioni spontanee. Un lungo elenco di vicende ricostruite cronologicamente per far intendere che lui non era solo. Parla degli incontri riservati con Falcone e Borsellino per l’inchiesta “mafia-appalti”, che scavava nel fondo del rapporto fra Cosa nostra, politica ed economia. E conclude con un monito: una trattativa con la mafia è una “resa vergognosa dello Stato a una banda di volgari assassini”. Nel processo che si svolge di fronte alla quarta sezione penale del tribunale di Palermo prende la parola il prefetto Mario Mori, imputato di favoreggiamento alla mafia con il colonnello dell’Arma Mauro Obinu, per il mancato blitz di Mezzojuso (Pa) del 1995 in cui si sarebbe potuto catturare Bernardo Provenzano.
Mori. “Una trattativa, per sua natura, deve essere riservata, presuppone il rispetto del segreto. Io parlai dei miei incontri con Ciancimino prima con Violante, allora presidente dell’Antimafia, poi con Caselli, che si era appena insediato al vertice della procura di Palermo” dice il prefetto che rifiuta l’idea di aver trattato con la mafia, sostenendo, invece, di aver spinto per il pentimento formale di Vito Ciancimino. Ricostruisce i suoi quattro incontri con l’ex sindaco di Palermo e descrive il contesto investigativo dall’omicidio Lima al rapporto “mafia-appalti”, a suo parere non sostenuto dalla procura di Palermo, quanto invece da Falcone e Borsellino che avrebbero chiesto all’allora colonnello riservatezza nel merito con i loro colleghi del palazzo di Giustizia. “Noi, dopo Capaci, collegavamo la morte del dottor Falcone a quelle di Salvo Lima e del maresciallo Guazzelli, legate a nostro avviso da un eventuale sviluppo dell’inchiesta ‘mafia e appalti’” ha detto Mori ricordando quanti gli sarebbe stato richiesto da Paolo Borsellino nel loro ultimo incontro. “Mi chiese la disponibilità di De Donno e del suo reparto per un’attività mirata alle iniziative economiche di Cosa nostra, spiegandomi che Falcone gli aveva sempre parlato della sua notevole competenza investigativa, soprattutto negli appalti pubblici”. Un incontro chiuso con la raccomandazione da parte del magistrato della “massima riservatezza sull’incontro e sui suoi contenuti, in particolare nei confronti dei colleghi della Procura di Palermo”.
Violante. Prima dell’intervento di Mario Mori, sul banco dei testimoni si è seduto l’allora presidente della commissione parlamentare Antimafia, Luciano Violante. Sostanzialmente ha confermato quanto già reso ai pubblici ministeri. Ha parlato di tre incontri in cui Mori avanzava la richiesta di Vito Ciancimino di incontrarlo privatamente. Domanda alla quale Violante avrebbe risposto che una cosa del genere sarebbe potuta avvenire solo di fronte la commissione parlamentare, dopo il vaglio dell’ufficio di presidenza.
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20 Ottobre 2009, 09:59