Amore e pasta al forno| Le lettere a moglie e figli

di

13 Luglio 2016, 13:17

4 min di lettura

PALERMO – Un uomo che si preoccupa del futuro dei figli. La dedizione di una donna per il suo compagno. Gli acciacchi della vecchiaia e le medicine da prendere per preservare la salute. Le partecipazioni da stampare. Le preghiere di chi si affida alla volontà di Dio, tutte le volte che può. I contrasti familiari da risolvere e quelli irrisolvibili. E poi le piccole noie della quotidianità, come l’antenna da sistemare perché altrimenti è impossibile guardare la tv.

GUARDA LA FOTOGALLERY DELLE LETTERE

Squarci di normalità in una vita che nulla aveva di normale visto che si tratta della corrispondenza fra Bernardo Provenzano e sua la famiglia. Quando i poliziotti fecero irruzione, l’11 aprile del 2006, nel covo di Montagna dei Cavalli, trovarono nel casolare di campagna, a Corleone, un anziano signore, una macchina per scrivere elettrica, una più antica Olivetti Lettera 32 e una montagna di carte. Era il libro mastro sulla gestione, verticistica, degli affari e degli equilibri di Cosa nostra.

La documentazione era la prova – dissero gli inquirenti – che Provenzano era in piena attività, non solo come capo dell’organizzazione, ma anche come punto di equilibrio e di mediazione accettato da tutti. A volte su problemi di secondo piano, ma altre su questioni vitali, come la scelta dei capimandamento. E così i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Palermo, Michele Prestipino e Marzia Sabella, coordinati dall’allora aggiunto Giuseppe Pignatone, oggi capo della Procura di Roma, riuscirono a entrare negli affari segreti del capomafia.

C’è voluto del tempo per decodificare i numeri utilizzati per criptare nomi di boss, prestanome e favoreggiatori. Nella posta ricevuta c’erano rendiconti, cifre, appunti per aiutare il capomafia a tenere la contabilità ed evitare che le memoria lo tradisse. Una valanga d’informazioni già servita per incardinare processi e arrivare alla condanna di decine d’imputati.

Articoli Correlati

Oltre ai pizzini c’erano diverse copie della Bibbia piene di annotazioni, ritagli di giornali che davano notizie sulle operazioni di polizia e sui processi degli ultimi anni, e c’era pure la corrispondenza tra Provenzano, la moglie Benedetta Saveria Palazzolo, e i figli Angelo e Francesco Paolo. Le lettere aprivano uno squarcio nella quotidianità di un uomo che si occupava della sua famiglia di sangue mentre gestiva quelle mafiose. Rispondeva ai boss che gli scrivevano da tutta la Sicilia, metteva ordine, ripianava situazione di contrasto, zittiva chi alzava la voce. Si occupava dell’organizzazione Cosa nostra, che ammazza i nemici e gli ex amici, rende schiavi i commercianti imponendo il pizzo, distrugge l’economia e affonda la Sicilia, e nel frattempo si premurava di fare il compagno affettuoso e il padre attento.

Da un lato c’era Provenzano, latitante per 43 anni, dall’altro Benedetta Saveria Palazzolo. E’ stata la donna di tutta una vita, nonostante i due non si siano mai sposati, che per Binu u tratturi provava venerazione. Non perdeva occasione per usare parole gentili, per dolersi di non potergli stare accanto. Il suo affetto si manifestava nel cibo e nei vestiti che gli mandava, nella sistematicità con cui lo metteva a conoscenza dei suoi piccoli spostamenti, nelle informazioni sui parenti che mai gli faceva mancare. E Provenzano ricambiava questo amore incondizionato. Non è un caso che la lettera che il padrino stava scrivendo quando i poliziotti della squadra mobile entrarono nel covo, l’ultima, fosse indirizzata proprio a lei. Le diceva di non mandargli più la pasta al forno. Gli inquirenti sequestrano la macchina e la chiudono in un sacco di plastica con il foglio ancora nel rullo.

Accanto alla macchina c’era un’altra lettera, a firma Angelo, il maggiore dei due figli del boss. Di loro si era sempre saputo poco. Tanto che ci fu grande sorpresa quando, nella primavera del 1992, riapparvero a Corleone assieme alla madre. All’improvviso, senza che si sapesse cosa avessero fatto fino a quel momento. Provenzano è stato un padre presente, ha voluto restare vicino ai figli nei momenti importanti. E così il padrino seguiva passo dopo passo i preparativi del matrimonio di Angelo. Era tutto pronto – partecipazioni comprese, stavano programmando il viaggio di nozze – ma alla fine saltò tutto. Il sì davanti a Dio era fissato per maggio. L’arresto del padre, un mese prima, provocò un ripensamento, malgrado le famiglie si fossero incontrate. Provenzano, dunque, cercava di essere presente. E i figli lo aggiornavano, non gli facevano mancare l’affetto, gli stavano vicini. Anche quando c’erano da affrontare piccole difficoltà, come l’impostazione dei programmi del televisore. Tutta colpa dell’incomprensibile inglese.

 

 

Pubblicato il

13 Luglio 2016, 13:17

Condividi sui social