Dal primo omicidio all’arresto | Una lunga scia di orrori

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17 Novembre 2017, 07:07

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PALERMO – Nasce a Corleone, il 16 novembre 1930, in una famiglia povera di contadini. A soli 19 anni, nel maggio 1949, Totò Riina esce di casa per andare a giocare a bocce nel campo di via Giovanbattista Scarlata. Scoppia una lite e finisce a revolverate. Totò ‘u curtu, per via dei suoi 157 centimetri di altezza, ammazza un suo coetaneo, Domenico Di Matteo. Si dice che sia don Michele Navarra, medico e boss di Corleone, a farlo costituire. Condannato a 12 anni, grazie a buona condotta e condoni, cinque anni dopo è già fuori dal carcere Ucciardone.

A Corleone, nel frattempo, un tale Luciano Liggio ha deciso di fare sul serio. Si è attorniato di picciotti pronti a tutto. C’è lo zio di Totò, Giacomo Riina, Calogero Bagarella, che di Riina diventerà cognato, e Binu Provenzano. A conoscere la loro ferocia sarà proprio Navarra, crivellato di colpi mentre si trova in macchina. È il 1958.

Nel 1963 è di nuovo in cella. Lo arrestano a Torre di Gaffe, una frazione di Licata. Ha una carta d’identità rubata e una pistola clandestina. Finisce sotto processo, ma lo assolvono per insufficienza di prove. Si trasferisce con Liggio a Bitonto, in provincia di Bari. È qui che viene raggiunto da un mandato di arresto emesso dal Tribunale di Palermo. Scarcerato, gli impongono il soggiorno obbligato in una località che non raggiungerà mai. Inizia la sua latitanza. Processato in contumacia a Bari viene assolto. Lo Stato non ha ancora i mezzi giuridici per condannarli.

Nel dicembre 1969 fa parte del commando, insieme a Provenzano e Bagarella, che massacra Michele Cavataio, boss dell’Acquasanta che si è messo in testa di comandare su tutto e tutti. Totò Riina, Tano Badalamenti, Michele Greco e Stefano Bontade decidono che deve morire.

Due anni dopo è l’esecutore materiale dell’omicidio del procuratore di Palermo Pietro Scaglione. A parlare del padrino corleonese, nel 1973, fu Leonardo Vitale. E’ il primo pentito di mafia, ma lo prendono per pazzo. Nel 1978 si capisce che Vitale diceva la verità. Grazie alle “confidenze” del boss di Riesi, Giuseppe Di Cristina, anche lui poi assassinato, era chiaro che bisognava tenere d’occhio Riina e Provenzano.

Il 23 aprile 1981 inizia la mattanza con cui Riina, che nel frattempo ha scalzato Liggio, avrebbe preso il potere. I corleonesi ammazzano Stefano Bontade e tutti gli altri boss palermitani. Alla fine si conteranno più di 200 corpi sulle strade palermitane. Sono  gli anni in cui Riina fa ammazzare il segretario provinciale della Dc, Michele Reina, il presidente della Regione, Piersanti Mattarella, e il segretario siciliano del partito comunista, Pio La Torre.

Viene condannato in contumacia all’ergastolo durante il “maxiprocesso” (1986-1992) grazie alle dichiarazioni di Tommaso Buscetta. Quando la sentenza diventa definitiva esplode la sua follia. Uccide Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli uomini delle scorte. Gli rimangono pochi mesi di libertà. Il il 15 gennaio del 1993 i carabinieri del Ros lo arrestano dopo 24 anni di latitanza. Lo ha tradito Balduccio Di Maggio, suo storico autista.

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17 Novembre 2017, 07:07

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