10 Novembre 2024, 05:01
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CATANIA – Al processo d’appello sulla morte di Simona Floridia, in aula finisce un servizio televisivo, ammesso dai giudici.
E’ stato visto sul televisore all’interno dell’aula di Corte d’appello nel processo per l’omicidio di Simona Floridia, la 17enne sparita nel nulla il 16 settembre 1992. E per cui è stato condannato in primo grado l’ex fidanzatino della ragazza, Andrea Bellia, oggi 49enne.
In tribunale è andato in onda un servizio televisivo legato ad un’inchiesta di Matteo Viviani de Le Iene. Il materiale trasmesso solleverebbe dubbi sulle responsabilità per l’omicidio. Bellia in primo grado è stato condannato a 21 anni.
Ma sotto i riflettori è finita la tesi del supertestimone dell’indagine, che lo ha accusato di avergli raccontato l’omicidio.
Dall’intervista sembrano emergere incongruenze. Si dovrà riflettere, infatti, su quanto disse all’epoca il ragazzo, che intercettato al telefono con la sua fidanzata, riferendosi a Bellia, si espresse così: “Mi vulia dire ssu fattu ca l’avia ammazzata iddu… dda gran minchiata”.
La frase, “ssu fattu ca l’avia ammazzata iddu”, è proprio l’elemento che ha incriminato Bellia, trent’anni dopo. I giudici di primo grado hanno accolto la tesi dell’accusa. Quella secondo cui l’uomo, all’epoca 17enne, coetaneo ed ex fidanzato di Simona, avrebbe agito perché lei avrebbe a sua volta minacciato di raccontare a tutti una tresca che lui avrebbe avuto con la fidanzata di un amico.
Il testimone ha raccontato, in pratica, che Bellia gli avrebbe confessato l’omicidio. Ma nell’intercettazione definisce quel racconto, parlando con la sua ragazza, “dda gran minchiata”, quasi a voler sminuire un’affermazione così grave.
I giudici hanno disposto che un perito trascriva il servizio, la cui acquisizione è stata ottenuta dalla difesa, nei motivi aggiuntivi d’appello. La perizia mira anche a valutare eventuali tagli sia nel servizio mandato in onda e sia del girato, che è stato acquisito in “originale”.
La prossima udienza è in programma il 29 gennaio. In aula intanto sono stati acquisiti i diari di Simona, quelli in cui la ragazza scriveva: “Alcune volte ho pensato di farla finita”.
Il movente è frutto di una ricostruzione investigativa, che l’imputato, processato e condannato in primo grado a piede libero, ha sempre respinto. Sta di fatto che il testimone ha riferito di esser stato portato da Bellia nel luogo dove avrebbe ucciso Simona, sulla cima che sovrasta Caltagirone, il cosiddetto monte San Giorgio.
Ma la difesa ha sempre messo in dubbio anche che con la Vespa di Bellia si potesse arrivare lì in cima. Il processo d’appello riprenderà a gennaio.
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10 Novembre 2024, 05:01