28 Febbraio 2015, 06:00
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PALERMO – Gente che viene. Gente che va. Tutto si muove, tranne la Sicilia. Investita da un turn-over costante da anni. Contiunuo. E dannoso. La “proiezione” della incontinenza amministrativa che ha visto, finora, la bellezza di 34 avvicendamenti in 26 mesi dentro la giunta di Crocetta, è poco più giù. Nel ruolo-chiave, delicato, importantissimo di direttore generale. Lì, il conto si perde. Travolto dal ritmo incalzante di quello che metaforicamente viene definito un “valzer”, ma che nulla ha dell’eleganza e della compostezza di quel ballo.
Il mancato insediamento di Marco Lupo al vertice del dipartimento Ambiente è solo l’ultima puntata di questa storia paradossale. La nomina di Maurizio Pirillo al suo posto (Lupo è stato formalmente nominato in giunta lo scorso 13 gennaio) certifica il terzo turn-over nell’arco di un mese e mezzo. Fino al 12 gennaio, insomma, il direttore era Tano Gullo, poi la parentesi del dirigente fantasma, quindi, come detto, l’ex dirigente generale gradito all’assessore Nicolò Marino. Che tra un mese vedrà scadere il suo contratto. Pronto il quarto direttore in tre mesi? Sarebbe un record. Anche perché in principio, a dirigere quel dipartimento fu Giovanni Arnone, sostituito da Vincenzo Sansone. Quello che verrà, insomma, sarà il sesto dirigente generale all’ambiente in due anni e mezzo. Un record. Ma non per il governo della rivoluzione.
Che nel frattempo ha deciso di trasferire Rino Giglione dai Beni culturali all’Urbanistica. Anche qui, in due anni ecco ruotare la bellezza di quattro capidipartimento: Sergio Gelardi, Gaetano Gullo e Maurizio Pirillo prima, appunto, dell’arrivo dell’ex direttore dei Beni culturali. I nomi, alla fine, sono più o meno sempre gli stessi. Ma le rotazioni sono vertiginose, frenetiche. Al punto da rendere immane lo sforzo di seguire l’intreccio grottesco dell’amministrazione siciliana.
Persino nei dipartimenti-chiave. Quelli che dovrebbero avere, per loro stessa natura, la necessità di una stabilità, di una capacità di lavorare se non a lungo, quantomeno a medio termine. Al Bilancio ad esempio all’inizio fu Biagio Bossone. L’esterno voluto da Lombardo durò poco. Poche settimane dopo l’insediamento ufficiale di Crocetta, ecco che la palla passa a Mariano Pisciotta. Un’avventura tutto sommato duratura. Un rapporto “stabile” a fronte dei ripetuti rapporti occasionali tra il governo e la burocrazia regionale. Ma anche lì si è riusciti nel miracolo. In piena sessione di bilancio si è passati da Pisciotta, appunto a Salvatore Sammartano, passando per il ragioniere generale “supplente” Giovanni Bologna. Persino i diretti interessati non riescono più a seguire in tempo reale la vulcanica produzione di nomine, revoche ed interim. Bologna, infatti, saprà di non essere più il ragioniere generale mentre, in qualità di ragioniere generale, in una seduta di commissione bilancio all’Ars stava provando a dirimere il caso degli stipendi di alcuni lavoratori a tempo determinato della Regione. La notizia lo raggiunse proprio lì, attraverso Livesicilia. E raggiunse anche i suoi interlocutori che improvvisamente capirono che non sarebbe stato quel dirigente a risolvere i loro problemi. E non la presero bene.
Ma i problemi veri, sono più generali. E riguardano tutti i siciliani. Soprattutto su piano della spesa dei Fondi europei, che dovrebbe rappresentare l’unico strumento possibile per la salvezza dell’Isola. Lo scrive, del resto, la Corte dei conti in Sezioni riunite, in occasione dell’ultimo giudizio di parifica. Secondo i giudici contabili, infatti, il “clima di instabilità politica cui ha fatto seguito un turn-over dei vertici politici di alcuni assessorati e, soprattutto, di quelli amministrativi” ha avuto come conseguenza “una discontinuità strategica ed operativa che ha rallentato la lineare attuazione del Piano Operativo. La stessa Commissione Europea – prosegue la Corte dei conti – ha stigmatizzato le continue “rotazioni” dei vertici amministrativi dei dipartimenti regionali che impediscono quella continuità necessaria della governance per l’avanzamento dei Piano operativo, specialmente in quest’ultimo anno della programmazione 2007/2013”. Crocetta quel giorno, il giorno in cui il giudizio è stato illustrato nei locali dello Steri, era presente. E ha applaudito. Subito dopo, ha ripreso con le (dannose) rotazioni. Iniziate fin da subito.
Il “primo giro” vide al dipartimento Programmazione Felice Bonanno, alla Protezione Civile Vincenzo Falgares, all’ufficio Legale e Legislativo confermato Romeo Palma, agli Affari Extraregionali Maria Cristina Stimolo, al dipartimento Attività Produttive Alessandro Ferrara, al dipartimento Beni Culturali Sergio Gelardi, alla Ragioneria Mariano Pisciotta, al dipartimento Finanze e Credito Giovanni Bologna, Marco Lupo (anche per lui una conferma) al dipartimento Energia e Rifiuti; alla Famiglia Antonella Bullara, al Lavoro Anna Rosa Corsello (e ad interim anche alla Formazione professionale, poi la situazione verrà invertita), alle Infrastrutture Pietro Lo Monaco, agli Interventi Strutturali per l’agricoltura Rosa Barresi, alla Pesca Rosolino Greco ad interim anche per gli interventi infrastrutturali all’agricoltura, all’azienda forestale Giovanni Arnone, alla Sanità e pianificazione strategica Salvatore Sammartano, al Territorio e ambiente Vincenzo Sansone, all’Urbanistica Tano Gullo, al corpo forestale Vincenzo Di Rosa, al dipartimento regionale per il turismo Alessandro Rais, all’ufficio speciale autorità di certificazione Ludovico Benfante, all’audit Maurizio Agnese, Giuseppe Morale a capo del dipartimento Enti locali, Luciana Giammanco alla Funzione pubblica, e soprattutto, il “colpo di teatro”: Tano Grasso, simbolo dei movimenti antiracket, viene indicato come guida del nascente Dipartimento tecnico. Ma Grasso, quel ruolo non lo ricoprirà mai.
Pochi mesi dopo, nuovo balletto: il posto di Grasso viene affidato a Sansone (già all’Ambiente). Uno “spostamento” che porta con sé una serie di reazioni a catena. Il posto lasciato da Sansone, infatti, sarà ricoperto ad interim da Tano Gullo. Giovanni Arnone invece andrà alle Infrastrutture, dove prenderà il posto di Vincenzo Falgares. Quest’ultimo passerà al dipartimento della Programmazione, da dove, dopo diversi anni, andrà via Felice Bonanno, per andare al dipartimento della Pesca. Il posto lasciato libero da Arnone alle Foreste, verrà ricoperto da Pietro Lo Monaco. Movimenti anche all’assessorato alla Sanità: Ignazio Tozzo lascia la presidenza del Fondo Pensioni e approda al vertice del dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico. Al Fondo Pensioni, invece, va Rosolino Greco. Ma non finisce qui, ovviamente. Maurizio Pirillo, infatti, ex capodipartimento all’Energia “trasloca” all’Urbanistica. Al suo posto arriverà Pietro Lo Monaco, l’ex assessore Dario Cartabellotta va al dipartimento della Pesca, poi anche al Lavoro. Felice Bonanno transita allo Sviluppo rurale. Ai Beni culturali al posto di Gelardi arriva Rino Giglione, parente del deputato Michele Cimino, passato alla corte di Crocetta. Gelardi si sposterà al Territorio. Ma per pochi mesi. Infine, il Piano giovani spazza via il doppio incarico di Anna Rosa Corsello. Alla Formazione va Gianni Silvia, al Lavoro prima viene scelto Lucio Oieni, poi Crocetta si accorge di una possibile incompatibilità, e fa marcia indetro. Il dipartimento va ad interim a Dario Cartabellotta. Poi, ovviamente, torna la Corsello. Come se nulla fosse successo.
Ma il presidente non è ancora del tutto soddisfatto. Nelle ultime settimane ecco le nuove rotazioni. Gelardi dal Territorio va al Turismo, al posto di Rais. Per quest’ultimo, Crocetta trova una sistemazione tutta nuova: l’Ufficio speciale per il Cinema. Nel frattempo Gaetano Chiaro aveva preso il posto di Sammartano all’assessorato Sanità, Gullo era passato al Corpo Forestale. Marco Lupo, invece, aveva risolto il suo contratto da dirigente generale ai Rifiuti. Al suo posto arriverà Domenico Armenio. Per Lupo, invece, con l’arrivo del nuovo anno ecco la nomina al Territorio. Del 13 gennaio. Dopo un mese e mezzo il governo Crocetta si è accorto che il dirigente, contrattualizzato all’Arpa del Lazio, non poteva insediarsi in Sicilia. Poco male. Al suo posto ecco Pirillo. E la danza continua.
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28 Febbraio 2015, 06:00