13 Marzo 2015, 13:48
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PALERMO – Le gare, bandite nel 2010 erano state aggiudicate già nel 2012. Per milioni di euro
Per un anno e mezzo, insomma, alcune tra le più grandi società che si occupano di cultura in Sicilia e in Italia sono rimaste “al palo” nonostante avessero vinto un bando pubblico. E adesso sono pronte a presentare al governo Crocetta una richiesta di risarcimento milionario. Che si potrebbe aggiungere all’eventuale danno erariale, visto che nei prossimi giorni partirà anche un esposto alla Procura della Corte dei conti: lo ha già annunciato l’ex assessore Gaetano Armao. Quelle gare erano state volute proprio da lui in qualità di assessore ai Beni culturali del governo Lombardo. Bandi, appunto, che avrebbero portato all’affidamento ad altre ditte dei servizi di biglietteria e degli “aggiuntivi” (dai bookshop ai bar, dalle guide ai pullman) nei siti delle Province di Palermo, Agrigento, Siracusa, Trapani e Messina. “Avevo deciso – spiega Armao – di non prevedere quella norma nei bandi, perché era già allora evidentemente incostituzionale”.
E invece, a inserirla ha pensato Crocetta. Che in questo modo ha fermato le gare già espletate. Erano i giorni caldi dello scandalo “Novamusa”. Il titolare dell’azienda, Gaetano Mercadante, stando all’accusa, avrebbe intascato i soldi
La Corte costituzionale, però, ha detto che quelle gare non andavano fermate. Almeno sulla base di quella motivazione. La Consulta è stata chiamata a esprimersi direttamente dal Tar che aveva raccolto il ricorso di alcune delle ditte “sospese”. “E questo – lamenta oggi Alberto Coppola, responsabile della Cooperativa Culture – è uno dei fatti più assurdi della vicenda. A sollevare il problema dell’assenza di quella norma non è stato
Per stoppare il bando, come detto, l’allora dirigente generale del dipartimento Beni culturali Sergio Gelardi, che firma il decreto, si basa sull’assenza, negli avvisi, del richiamo a un articolo della legge regionale 15 del 2008. La legge sugli appalti. Che prevede, a quel comma, l’obbligo del cosiddetto “conto dedicato”. In pratica, un conto corrente unico, che l’azienda vincitrice avrebbe dovuto utilizzare per qualsiasi operazione legata all’appalto. Insomma, gare sospese. Si ferma tutto.
Ma le società non ci stanno. Così, la Cooperativa Culture in proprio e nella qualità di mandataria del Raggruppamento temporaneo di imprese (che raggruppa una ventina di aziende del settore, tra le più importanti in Italia) decide di presentare ricorso. Il Tar, di fatto, rimanda tutto alla Corte costituzionale. Accogliendo, in parte, le questioni sollevate dai privati.
Per intenderci, secondo le società ricorrenti, quella legge del 2008, nella parte riguardante il “conto dedicato”, è incostituzionale, perché di fatto invade la competenza legislativa statale. Una competenza esclusiva, nelle materie riguardanti ‘ordine pubblico e la sicurezza. Quell’articolo, infatti, prevedendo il conto unico, rappresenta, nelle intenzioni del governo regionale, uno strumento di contrasto alle infiltrazioni della criminalità. Sconfinando, appunto, nella competenza statale.
Ma non solo. La norma, avevano spiegato i giudici amministrativi con la propria ordinanza più di un anno fa, è irragionevole in quano introduce un automatismo sproporzionato. Ovvero quello della immediata nullità del bando. Una “sproporzione” che se ne aggiunge ad un’altra: quella che prevede l’esclusione delle ditte in caso di semplice “rinvio a giudizio” per reati legati all’associazione a delinquere. Una norma che contraddice i principi costituzionali della certezza della pena. Tutte questioni confermate dalla Corte costituzionale. “La finalità delle norme impugnate, l’oggetto materiale su cui incidono e gli strumenti normativi impiegati – si legge nella sentenza -gravitano nel campo occupato dalla normativa statale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di “ordine pubblico e sicurezza”, rispetto alla quale il legislatore regionale è estraneo, senza che possa essere invocata l’autonomia speciale statutariamente accordata alla Regione siciliana. D’altra parte, – prosegue la Consulta – nel caso in esame vengono in rilievo misure specifiche di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata, il cui carattere fondamentale consiste proprio nella conformazione uniforme su tutto il territorio dello Stato
*Aggiornamento ore 20.40
“In relazione alla notizia pubblicata da alcuni organi di informazione, secondo i quali sarebbe stata annullata la deliberazione di giunta relativa alla gara per l’esternalizzazione dei servizi aggiuntivi, occorre precisare con chiarezza, com’è persino logico, che la Corte costituzionale interviene sulla legittimità delle leggi e in particolare la legge ritenuta incostituzionale dalla Corte fa riferimento all’art. 2”. Lo dice in una nota il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta. “Il comma 1 del citato articolo 2 prevede com’è noto, per gli appalti superiori a 100 mila euro
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13 Marzo 2015, 13:48