Musotto: “Ho subito un’ingiustizia | Il mio errore? Seguire Lombardo”

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08 Maggio 2017, 20:54

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PALERMO – “Ho subito un’ingiustizia. La seconda, dopo tanti anni”. Francesco Musotto ha deciso di chiudere con la politica. Anzi, oggi quel mondo sembra portargli in dote una buona dose di amarezza. La Corte dei conti, pochi mesi fa, lo ha condannato anche in appello a un risarcimento-monstre da 600 mila euro per le cosiddette “spese pazze all’Ars”, mentre la Procura ordinaria ha deciso il proscioglimento dalle accuse di peculato. “Perché non ho commesso il fatto – racconta Musotto – cioè non ho fatto nulla di male. Perché allora devo pagare quel mega-risarcimento?”.

A Musotto è stato contestato un lungo elenco di spese “ingiustificate” relative alla scorsa legislatura. Tra cui quelle per attività politiche, consulenze e portaborse, oltre a 45 mila euro che, a detta dell’ex presidente della Provincia di Palermo, sarebbero stati consegnati in contanti a Raffaele Lombardo che del Mpa era il leader. Lombardo dal canto suo ha smentito la circostanza.

“Ma in quegli anni – spiega Musotto – non c’erano regole ferree o direttive dettagliate. Veniva solo specificato che quei soldi andavano usati per attività politiche e istituzionali”. Una precisazione che i magistrati contabili hanno però contestato nelle due sentenze di condanna a Musotto. “Quello – ricorda l’ex presidente della Provincia di Palermo – era un periodo nel quale l’Mpa stava crescendo in fretta, e venivano organizzati di continuo convegni, conferenze, bisognava coinvolgere gente. Tutte attività che venivano compiute sotto la guida di Raffaele Lombardo. Come nel caso della scelta di una sede per il gruppo parlamentare: davvero qualcuno può credere che io abbia fatto tutto da solo?”.

Una ingiustizia dicevamo, secondo Musotto che ricorda come “non avessi mai voluto, a differenza di altre forze politiche, lo stipendio da capogruppo. E nonostante ciò, sono l’unico rimasto ‘fregato’. Mi contestano le spese per i pranzi? L’unico a cui partecipai fu insieme agli allora capigruppo di Pd e Udc, Antonello Cracolici e Giulia Adamo. Me lo chiese Lombardo, anche in questo caso, per illustrare l’accordo che avremmo poi sottoscritto tra l’Mpa e quei partiti. Un accordo che mi ha portato già allora a un passo dalle dimissioni: lo ritenevo un errore”.

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Ma l’esperienza al fianco di Lombardo durò ancora un po’. E con essa, ecco i fatti che sarebbero diventati oggetti di quelle sentenze: “Mi contestano anche – dice Musotto – l’acquisto di alcuni pc. Ma se quei computer servivano al gruppo, cosa avrei dovuto fare? Dovrei risarcire pure le spese relative all’Irap, quando a gestire tutto l’aspetto contabile era un consulente. Dovrei pagare le spese per la sede, quando quella decisione fu presa in accordo col gruppo e il partito. Ma a pagare devo essere solo io. Le pare giusto?”.

A dire il vero, per Musotto la condanna contabile sarebbe la seconda delle “grandi ingiustizie” lamentate dal politico palermitano. “Nel 1995 – ricorda Musotto – mi arrestarono con l’accusa di essere associato stabilmente a Cosa nostra, oltre a un’altra sfilza di reati. Sono stato assolto in primo grado, appello e Cassazione. Ma mi toccò il carcere. Nonostante nel settembre di quell’anno, quando le voci di un mio imminente arresto erano sempre più frequenti, mi fossi recato dall’allora Procuratore Caselli, per spiegare le mie ragioni. Andai via da quel colloquio certo che mi avrebbero arrestato”.

Un’esperienza che ha prodotto nel politico palermitano una ferita, ancora viva, sull’idea di giustizia: “Rimasi in carcere cinque mesi – dice Musotto – e 86 giorni li ho fatti anche in isolamento totale all’Ucciardone in regime di ‘alta sorveglianza’ e ‘grande sorveglianza’”. Fatti che produssero, spiega Musotto, diverse conseguenze: “Dovetti vendere – dice infatti – uno studio legale che era avviatissimo e che ereditai da mio padre”. Poi, nel 1998 il ritorno in politica e qualche anno dopo, quello che Musotto considera “il più grande errore della mia vita: l’adesione all’Mpa di Lombardo. Sembrava una rivoluzione e invece mi ha portato solo guai. Dopo quella sentenza – dice Musotto – sono stato colpito anche da un ictus. Da allora vivo una forma di follia. Per me, che provengo da una famiglia che ha sempre avvertito forte il valore dell’onestà e che può vantare un Alto Commissario per la Sicilia, come mio nonno”.

Una sentenza, quella contabile “che ha avvelenato questo ultimo periodo della mia vita – dice – e non è solo un fatto economico. Troverò il modo di pagare, vedrò come fare, venderò qualcosa. Ma quello che fa più male – conclude – è che, al termine di una carriera politica lunga e contraddistinta da incarichi importanti, io possa essere considerato ingiustamente come un truffaldino. Come un ladro. Questo non lo potrò mai accettare”.

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08 Maggio 2017, 20:54

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