“Musumeci proponga vere riforme| Il Movimento non dirà di no”

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04 Febbraio 2020, 05:58

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Ignazio Corrao, europarlamentare siciliano del Movimento 5 Stelle, è nel gruppo ristretto dei facilitatori nazionali che affiancano Vito Crimi. La fase di transizione del Movimento, sostiene il grillino alcamese, è superabile, tornando a puntare sulle vecchie battaglie movimentiste. E in Sicilia? Niente di male a votare qualcosa di buono proposto dal governo, dice Corrao, a proposito della divaricazione interna al gruppo dell’Ars.

Come sta il Movimento 5 stelle? Perché da fuori non sembra che stia benissimo…

“Sta in una fase di necessaria ristrutturazione. Questa è una fase di transizione in cui bisogna rigenerarsi, ritrovare l’identità e le battaglie che sono state in qualche modo messe in discussione dal fatto di essere passati da movimento di protesta a movimento di governo”.

Rispetto al periodo di governo con la Lega, questa fase del Conte bis sta andando meglio o peggio secondo lei?

“Non direi meglio o peggio. Sta andando in maniera diversa perché la Lega e il Pd hanno modi di fare diversi. Ma in alcune cose si assomigliano. Entrambi cercano di utilizzare la leva del Movimento 5 stelle per un loro vantaggio. Io invece penso che noi dobbiamo essere più bravi a rivendicare le cose positive che entrambi i governi hanno fatto ed essere più decisi a dare questa percezione che le cose buone che non sono mai state fatte, adesso sono state realizzate per il Movimento 5 Stelle”.

Come va con il Pd, secondo lei?

“Con il Partito democratico si può lavorare insieme. Ma gli italiani devono capire che il Pd da solo non va a toccare i grandi privilegi e i grandi privilegiati. Stare al governo con noi consente al Partito democratico di migliorarsi, noi dobbiamo essere bravi a far presente che queste cose stanno avvenendo grazie al Movimento 5 stelle”.

Dopo il vostro brutto risultato di Emilia Romagna e Calabria ci sono altre Regionali in vista. Che cosa pensate di fare? Un’altra corsa solitaria con il rischio dell’irrilevanza?

“Storicamente noi abbiamo sempre avuto difficoltà nelle elezioni locali. Riusciamo a fare un buon risultato solo se è stato fatto un lavoro lineare e continuato nel tempo. In Sicilia ci siamo riusciti, con una candidatura costruita in un tempo lungo e un gruppo molto unito. E peraltro non abbiamo vinto. Il caso di Calabria ed Emilia Romagna è un esempio al contrario: poca preparazione e liste dell’ultimo momento”.

E allora?

“Vista la fase di transizione, fosse stato per me penso che sarebbe stato più saggio fermarsi un attimo e aspettare gli stati generali. Ora ci sono elezioni importanti per noi come la Campania e la Puglia, regioni in cui siamo radicati, dobbiamo arrivarci con uno spirito rigenerato”.

E in Puglia e Campania pensate a una corsa solitaria o ad alleanze?

“Bisogna capire le regioni caso per caso. In Umbria, la sinistra governava da 50 anni e c’era una richiesta di alternativa, il risultato non poteva essere positivo. Ci sono altre regioni in cui invece dei ragionamenti di coalizione si possono fare, ma vanno analizzati caso per caso. Ritengo improbabile fare un ragionamento di questo tipo in Campania dove siamo opposizione a De Luca da sempre, mentre in altre regioni ci sono dei margini”.

E in Sicilia, dove ci sono le amministrative, cosa state pensando di fare?

“Questa è la fase in cui stiamo raccogliendo le proposte di candidatura. Da parte dei gruppi locali arrivano anche le proposte di coalizione, che devono essere analizzate caso per caso. Ci sono città dove con delle liste civiche si può pensare di andare insieme”.

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Che ne pensa di quello che sta succedendo all’Ars, dove si assiste a una spaccatura nel vostro gruppo?

“Secondo me tutto va contestualizzato all’interno della fase che stiamo vivendo a livello nazionale. Il cambiamento ha portato nei territorio alcuni disorientamenti che appartengono a questa fase di transizione. Noi in Sicilia abbiamo preso un terzo dei voti dei siciliani e da questo dobbiamo partire. Se i nostri portavoce riescono a fare pesare questo dato numerico per far fare al governo delle riforme coraggiose che altrimenti non farebbe, allora comunque il risultato è apprezzabile e ha una logica. Ma deve esser fatto facendo pesare questi numeri”.

Insomma, senza fare la stampella…

“Esatto. È chiaro che a Musumeci si può dire se fai queste quattro o cinque cose che migliorano la vita dei siciliani il Movimento le può sostenere. Ma questo ha un costo, mettere fuori determinate cose che fanno parte della sua coalizione che tutto sono meno che cambiamento. Però non parliamo di alleanze politiche”.

Nessuna alleanza ma convergenza sì.

“Di Musumeci si può dire che ha una lunghissima carriera politica alle spalle. È riuscito nel suo obiettivo di diventare presidente della Regione, tutto lascia pensare che è nel suo interesse fare delle scelte coraggiose, mettendo da parte dei meccanismi che hanno lasciato impantanata questa regione e che appartengono alla sua coalizione. Sarebbe il suo lascito ai siciliani, se lo vuole fare, il Movimento 5 stelle non dirà mai di no. Ma se per lui è prioritario difendere le prerogative di Micciché e dei suoi alleati la storia lo ricorderà per quello che fa”.

È una mano tesa.

“Noi non abbiamo settori della Regione da dover lottizzare. Se lui è disposto a mettere da parte prospettive di quel tipo non troverà mai porte chiuse da parte del Movimento 5 stelle”.

Su questo il Pd siciliano non sarà contento…

“Non mi sembra che il Pd siciliano disdegni il dialogo. Il Pd ha avuto le sue chance di governare, ha dimostrato che le cose coraggiose non le fa”.

Quali sono secondo lei le battaglie, per esempio in Sicilia, da cui deve ripartire il Movimento?

“La risposta è insita nella storia del Movimento. Come è arrivato a essere dirompente dal nulla e senza soldi sulla scena politica? Perché ha messo sul tavolo dei temi a cui la politica è sempre sfuggita: il contrasto ai grandi privilegi e ai gradi privilegiati, misure a favore delle persone sempre dimenticate dalla classe politica, un modo di fare politica sobrio e non legato a quelle dinamiche di do ut des per il consenso. Queste cose abbiamo già dimostrato di saperle fare. Ora dobbiamo farlo in maniera più matura. Abbiamo più contezza, dobbiamo restare un movimento antisistema che però guarda ai provvedimenti in maniera più realistica e sul breve, medio e lungo periodo”.

Basterà?

“Oggi i partiti hanno due modi di elaborare consenso: o giocando sulla paura con il nemico immaginario, come Salvini, o attraverso la lottizzazione del consenso, come hanno sempre fatto i partiti centristi. Il Movimento è alternativo a entrambe queste fasi. Il nemico reale è un modello economico squilibrato che porta i ricchi a diventare sempre più ricchi e l’unico modo per cercare di creare una prospettiva e diminuire la forbice è creare lavoro e fare una lotta molto serrata e senza confini a questi grandi sistemi di potere e questi grandi privilegiati dello Stato. Un esempio sono le concessioni ai Benetton. È un elemento simbolico che fa capire come il Movimento 5 stelle sia l’unica forza politica nell’intero panorama internazionale che non accetta il neoliberismo e lo strapotere di certe multinazionali sul pubblico”.

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04 Febbraio 2020, 05:58

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