13 Settembre 2012, 20:47
3 min di lettura
ROMA- A meno di una settimana dalla decisione che sarà presa in camera di consiglio, è dato quasi per scontato – secondo quanto si apprende – il sì della Corte Costituzionale all’ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nei confronti della Procura di Palermo. Il ricorso all’esame della Corte riguarda l’intercettazione di alcune conversazioni tra il Capo dello Stato e l’ex senatore Nicola Mancino, imputato nel procedimento sulla presunta “trattativa” Stato-mafia, il cui telefono era sotto controllo. Dal Quirinale è arrivato non solo un netto rifiuto di commentare, ma anche una netta presa di distanza da voci, indiscrezioni, ipotesi di qualsiasi genere riguardanti la decisione che la Corte Costituzionale dovrà assumere sul conflitto di attribuzioni promosso dal Presidente su una questione di principio relativa alla interpretazione di importanti norme della Costituzione.
Anche il Procuratore di Palermo Francesco Messineo ha detto di non voler dir nulla “su indiscrezioni che riguardano un procedimento che ancora deve essere analizzato dalla Corte”. La riunione della Consulta – in camera di consiglio, dunque senza contraddittorio – per decidere sull’ammissibilità del conflitto è in programma mercoledì prossimo, 19 settembre, e l’ordinanza con la decisione della Corte potrebbe arrivare lo stesso giorno o quello successivo. Un giudizio di inammissibilità – viene fatto rilevare da alcuni esperti di diritto – sarebbe sorprendente tra gli stessi costituzionalisti, molti dei quali si sono già espressi nei giorni scorsi con proprie opinioni sul merito della vicenda. Il più che probabile sì della Consulta all’ammissibilità del conflitto – viene fatto osservare – è legato al fatto che il ricorso formulato dall’Avvocatura dello Stato per conto del Quirinale contiene presupposti “fondati”, sia soggettivi, sia oggettivi, per essere poi giudicato nel merito dalla Corte Costituzionale. E’ ritenuta “del tutto pacifica” la legittimazione del Presidente della Repubblica a proporre il conflitto, essendo scontata la sua qualificazione quale “potere dello Stato”.
Riguardo alla Procura di Palermo e alla sua legittimazione a partecipare al conflitto, la Corte Costituzionale, in varie pronunce, ha riconosciuto anche al pubblico ministero la natura di “potere dello Stato”, in quanto, in base all’articolo 112 delle Costituzione, “titolare diretto ed esclusivo dell’attività di indagine finalizzata all’esercizio obbligatorio dell’azione penale”. Anche i presupposti oggettivi sembrano ampiamente portare ad una decisione favorevole all’ammissibilità del conflitto: sono in discussione, infatti, l’articolo 90 della Costituzione e alcune leggi correlate sulle prerogative del Capo dello Stato, sull’ampiezza della sua immunità e, più specificamente, sulle procedure da seguire in caso di intercettazione “indiretta” di telefonate del Presidente della Repubblica. Il “sì ” della Corte Costituzionale all’ammissibilità del ricorso proposto da Napolitano, inoltre, appare ancor più scontato poiché non fissa un punto irrevocabile: nulla impedisce, infatti, che la Consulta, in seguito, entrando nel merito del giudizio, individui ragioni di inammissibilità fino ad allora non rilevate.
A riprova di ciò, con l’ordinanza 354 del 2005, la Corte Costituzionale, nell’ammettere il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del Ministro della Giustizia Roberto Castelli sulla concessione della grazia a Ovidio Bompressi, ex militante di Lotta Continua, osservò che la “preliminare e interlocutoria valutazione (sul ricorso, ndr) lascia impregiudicata ogni ulteriore e diversa determinazione relativamente anche ai profili attinenti alla stessa ammissibilità “. Se, dunque – come sembra molto probabile – la Consulta darà il via libera al conflitto, dall’ordinanza della Corte arriveranno anche indicazioni sui tempi per la decisione finale. Il Quirinale, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha chiesto una trattazione “quanto più possibile sollecita” del ricorso, considerate “l’estrema delicatezza e la rilevanza delle questioni” sottoposte all’esame della Consulta. Questa e altre ragioni di opportunità – l’avvicinarsi della conclusione del mandato di Napolitano e dello stesso presidente della Corte Costituzionale Alfonso Quaranta – potrebbero indurre la Consulta a dare al Quirinale tempi più ristretti per i successivi adempimenti, vale a dire la notifica del ricorso alla Procura di Palermo. Anche i pm di Palermo, ricevuta la notifica, saranno a un bivio: avendo sempre sostenuto di aver operato entro la legge e i codici, potranno decidere di non costituirsi, restando “alla finestra” in attesa della decisione finale della Corte Costituzionale; o potranno decidere di controbattere alle argomentazioni del Quirinale, costituendosi in giudizio con un avvocato “privato”, essendo l’Avvocatura dello Stato già impegnata a sostenere le argomentazioni del Presidente della Repubblica.
Pubblicato il
13 Settembre 2012, 20:47