11 Marzo 2011, 16:13
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Scambiare solo qualche parola con Natale, uno dei tanti clochard della via Roma, non è cosa facile. E’ preferibile farlo a una distanza di almeno qualche metro dall’interlocutore perché Cipolletta, Zeus e Diana, i tre bastardini che condividono insieme al loro padrone quei pochi centimetri di un marciapiede abbaiano immettendo ululati poco amichevoli non appena esordisci con un “Ciao, come ti chiami?”. “Sono gelosi di me – dice Natale un po’ compiaciuto e uno sguardo assente – non sopportano che qualcuno si avvicini”. E sono vani i tentativi di farli stare buoni sotto la coperta tutta stropicciata perché o è la mamma Diana a fare capolino con gli occhioni adirati o ecco che spuntano in alternanza i musetti dei due più piccolini, ma è tutto qui il tesoro dell’uomo che più volte il male di vivere ha incontrato.
Tiene un carrello della spesa come armadio, un berretto da baseball e una camicia rossa dentro un giubbotto smisurato accanto alle mura di un blasonato teatro dove uomini in cravatta entrano ed escono incuranti dell’insolito quartetto del vicinato. Le tre bestiole gli stanno intorno come un muro di protezione, una barriera di pelo tra lui e quel mondo impazzito di traffico e veleni di una Palermo che non riesce a stare ferma, mentre seduto su quel giaciglio improvvisato accarezza gli amici a quattro zampe porgendo loro croccantini regalati e ripete imperturbabile che a volte è difficile morire.
Non conosce Ninetta, non sa chi è quella donna accumunata dalla sua stessa beffarda sorte di vivere per strada, salita in cielo e poi risorta. Natale dice di avere alle spalle niente di eccezionale, la storia banale di chi è morto mentre vive e proprio per questo non lo spaventa l’idea di dover soffrire: “Come può provare dolore chi piange e ride senza più alcuna distinzione?”.
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11 Marzo 2011, 16:13