18 Giugno 2018, 16:56
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PALERMO – Per gli esperti d’arte varrebbe almeno 20 milioni di dollari. Da anni, esattamente dal 1969, lo cercano gli investigatori di tutto il mondo. L’Fbi, che a lungo si è occupata della sua scomparsa, l’ha inserito nella top ten dei quadri rubati più importanti. Un giallo lungo quasi 40 anni quello della Natività del Caravaggio a cui potrebbero aggiungersi ora nuovi capitoli. La Procura di Palermo ha riaperto l’indagine sul furto dell’opera dopo gli accertamenti svolti dalla commissione Antimafia della scorsa legislatura. Il fascicolo è ancora a carico di ignoti.
Titolari della nuova inchiesta sono l’aggiunto Marzia Sabella e il pm Roberto Tartaglia che, già nelle prossime settimane, potrebbero ascoltare i primi testimoni. Come Guido De Santis, palermitano con precedenti per droga che, dopo aver scontato la pena, si è trasferito a Massafra, in provincia di Taranto e gestisce un negozio di giocattoli. Alcuni collaboratori di giustizia lo indicano come uno degli esecutori materiali del furto. La tela, custodita nell’oratorio di San Lorenzo di Palermo, la notte tra il 17 e il 18 ottobre del 1969, mentre sulla città si abbatteva un violentissimo temporale, venne tagliata dalla cornice alle spalle dell’altare maggiore con una sorta di lametta. Ad accorgersi della scomparsa, solo il giorno dopo, furono le due anziane perpetue.
Da allora sulla celebre opera di Michelangelo Merisi solo ipotesi. Come quella che sarebbe stato seppellito insieme a cinque chili di cocaina e alcuni milioni di dollari, il tesoro personale del boss di Danisinni Gerlando Alberti detto ‘U paccarè’. Tra soffiate di confidenti, finanche uno del commissario Boris Giuliano, ricordi di pentiti, mezze ammissioni di capimafia irriducibili, le indagini sono andate avanti per anni. Lunga la sfilata dei padrini interrogati: Pippo Calò, Vittorio Mangano, Pietro Vernengo coi loro non so e non ricordo. E il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia che, deponendo al processo a Giulio Andreotti, disse che l’opera era stata distrutta dagli stessi ladri incapaci di avvolgere la tela senza provocarle danni. Le indagini hanno pero’ smentito la tesi di Mannoia che aveva partecipato, è vero, a un furto d’arte ma in un periodo prossimo (nel 1970) e in un’altra chiesa di Palermo. Le conclusioni a cui è giunta l’Antimafia sembrano riaccendere le speranze sulla sorte del quadro “protagonista” anche di un recente best seller di Daniel Silva dal titolo “Il caso Caravaggio”.
Alla commissione alcuni pentiti come Gaetano Grado hanno raccontato che il furto maturò nell’ambiente della piccola criminalità, ma che l’importanza del quadro, e il suo enorme valore, indussero i massimi vertici di Cosa nostra a interessarsi alla vicenda. La Natività sarebbe stata consegnata, dopo alcuni rapidi passaggi di mano, prima al boss Stefano Bontade, ucciso poi dai corleonesi nella guerra di mafia, poi a Gaetano Badalamenti che ne avrebbe curato il trasferimento all’estero dove, scomposta in più parti per cautela e per massimizzare i proventi derivanti dalla vendita non di uno ma di più quadri, la tela sarebbe stata venduta a un mercante d’arte. (ANSA).
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18 Giugno 2018, 16:56