Neoeletti in bilico per un modulo |Pioggia di ricorsi da Catania

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17 Novembre 2017, 06:04

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CATANIA – Un terremoto potrebbe scuotere il neo parlamento all’Ars. I risultati ottenuti da alcuni rappresentanti eletti nelle elezioni del 5 novembre sarebbero in bilico a causa del mancato rispetto della legge Severino. Numerosi candidati, tra cui spiccano molti grillini, non avrebbero, infatti, presentato la dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza di cause d’incompatibilità, partecipando comunque alla competizione elettorale. Non proprio un cavillo, perché la legge è tassativa. Il rischio è che sulle consultazioni appena concluse potrebbe abbattersi una pioggia di contenziosi. I primi a invocare chiarimenti sono stati i candidati non eletti Giacomo Scala di Sicilia Futura, e il catanese Danilo Festa, quest’ultimo fra i più votati nella lista I cento passi a sostegno di Fava, che tramite il suo legale Antonino Landro ha presentato una formale richiesta di accesso agli atti. I risvolti sono ancora incerti, ma l’annullamento di alcuni voti potrebbe alterare le percentuali ottenute dalle liste e ridefinire lo status quo.

Sul caso interviene un luminare del diritto amministrativo catanese, l’avvocato Attilio Toscano che delinea il quadro che potrebbe configurarsi qualora il “pasticcio” venga confermato. “La legge dello Stato, la Severino appunto, ha due disposizioni di rilievo: l’articolo 9 dice che chi si vuole candidare alle elezioni regionali, anche quindi nelle Regioni a statuto speciale, deve presentare una dichiarazione sostitutiva. Non ci sono dubbi su questo. L’articolo 12 riporta chiaramente che norma si applica anche in Sicilia e quindi nelle Regioni a statuto speciale”.

Il caos sarebbe sorto tra le carte da compilare per presentare le candidature. Secondo alcuni rappresentanti i moduli predisposti dagli uffici elettorali non contenevano già in partenza la voce inerente le legge Severino. “Questo è vero – spiega l’avvocato – E dopo? Se la legge dello Stato prevede che si debba presentare un certificato, si è tenuti a farlo”. E se confermato, altrettanto poco “attento” sarebbe stato l’atteggiamento assunto dai funzionari che avrebbero trascurato un dettaglio non di poco conto, non verificando la documentazione presentata dai candidati. “Gli uffici centrali circoscrizionali presso il Tribunale – spiega Toscano – sono autorizzati in base a questa disposizione a cancellare dalle liste i candidati che non hanno esibito la dichiarazione sostitutiva. Non dovrebbe essere consentito loro cioè partecipare alle elezioni. Ma questo non è avvenuto”. Il termine di presentazione delle candidature era fissato per il 6 ottobre scorso. “Alcuni uffici evidentemente non hanno verificato”, aggiunge. Altri candidati, invece, avrebbero prodotto autonomamente la citata certificazione, forse anche per scrupolo personale o perché sollecitati dai loro partiti. Fatto sta che i moduli riportavano erroneamente la vecchia legge, che non contempla le Regioni a statuto speciale.

Insomma, è come se la Sicilia non abbia in tempo recepito la norma, tenendo fede a quella vecchia del 1990 di certo meno restrittiva rispetto alla Severino. Quest’ultima prevede infatti come causa d’incandabilità un numero più ampio di reati, fra cui quelli contro la pubblica amministrazione e il 416 bis. “Naturalmente si parla di una dichiarazione sostitutiva, quindi può anche darsi che non tutti quelli che non l’hanno presentata siano stati condannati per questi reati. Però l’onere formale c’è”.

Tale disattenzione potrebbe ora costare caro. A tal proposto ci sono già dei precedenti giudiziari, seppur non appieno vincolanti. Si tratta di due decisioni del Consiglio di Stato che riguardano delle vicende sostanzialmente diverse rispetto a quanto accaduto in Sicilia. “Sono due casi – afferma l’avvocato – di due rappresentanti che si erano candidati non presentando la certificazione. Ma in quel caso gli uffici avevano fatto il loro dovere in tempo: sono stati esclusi subito” non consentendogli di partecipare alla competizione elettorale “e il Consiglio di Stato aveva riconosciuto la legittimità di quelle esclusioni”. Ma qui è leggermente diverso: “Siamo di fronte ad un caso nuovo – precisa – I candidati sono già stati ammessi alle elezioni a causa di questa “svista” e alcuni di questi sono stati anche eletti. È una partita aperta che sicuramente sarà sottoposta alla giustizia”, avverte Toscano.

Se i giudici dovessero riscontrare principi di fondatezza nei ricorsi presentati, lo scenario dei seggi conquistati all’Ars potrebbe subire un drastico mutamento. Ma ecco cosa potrebbe accadere. “Un’ipotesi – spiega Toscano – è che avvalendosi dei precedenti sentenze del Consiglio di Stato si valorizzi questo aspetto formale, secondo cui la mancata presentazione della certificazione è addirittura essa stessa è causa d’incandidabilità, con conseguenze devastanti”. In altre parole, anche in assenza di eventuali condanne per i rappresentanti eletti, la mancata esibizione del documento è ritenuta, alla stregua di un reato, causa d’incandidabilità.

L’avvocato Rocco Mauro Todero, che da anni lavora a fianco di Toscano, approfondisce i termini delle conseguenze: “Si potrebbero – dichiara – rideterminare le cifre elettorali delle liste ripartite tra i seggi. Ci sono addirittura interi partiti che potrebbero sparire”. Ma questa sarebbe l’ipotesi più drastica. La soluzione più mite è comunque rintracciabile nella stessa legge. “Il comma 4 – evidenzia – attribuisce agli uffici centrali circoscrizionali un potere di verifica in concreto delle situazioni d’inidoneità degli eletti, ma prima che avvenga la proclamazione. Se questi uffici facessero questo accertamento per tempo (che per legge va fatto obbligatoriamente) potrebbero così quanto meno garantire la salvezza dello status quo e della maggioranze e consiglieri eletti”, conclude Todero.

 

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17 Novembre 2017, 06:04

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