Cronaca

Neonato morto dopo 2 interventi| ‘Falsa perizia’, medici indagati

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26 Giugno 2020, 19:29

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GELA (CALTANISSETTA) – Tra pochi giorni sarebbe stato il suo compleanno: il piccolo Luigi avrebbe spento quattro candeline. E invece, più quella data si avvicina, più si fa forte il dolore per la coppia di Gela che chiede ancora giustizia per il figlio, morto a dieci giorni dalla nascita dopo essere stato sottoposto a due interventi chirurgici al Garibaldi-Nesima di Catania.

Le indagini

Era metà luglio del 2016 e da quando ‘Luigino’ ha chiuso gli occhi per non riaprirli mai più, Norina e Giuseppe Messina si battono per conoscere la verità. Oggi per l’ipotesi di ‘falsa perizia’ ci sono quattro nomi sul registro degli indagati dalla Procura di Catania. Si tratta di Orazio Cascio, Filippo Dones, Enrico Reginato e Angela Motta, ovvero i consulenti tecnici nominati dal pm nella prima fase delle indagini e il primario dell’Utin dell’ospedale etneo. Era stata l’associazione “Aria Nuova”, assistita dall’avvocato Antonio Cozza, e da sempre al fianco dei genitori del bambino in questa battaglia, a integrare la denuncia che coinvolge i medici che hanno effettuato la consulenza: il procedimento era stato inizialmente aperto contro ignoti “nonostante siano ben definite le condotte contestate e i soggetti che le hanno poste in essere”, aveva sottolineato il legale rappresentante dell’associazione nella sua memoria difensiva.

Quello attuale, è il risultato del prosieguo delle indagini che hanno anche rischiato lo stop, lo scorso anno. A dicembre Il gip Giovanni Cariolo ha rigettato la richiesta di archiviazione sottolineando “la necessità di procedere ad ulteriori attività tecniche di integrazione dei risultati offerti dai consulenti del pm, anche introducendo specifiche professionalità con specializzazioni ulteriori rispetto a quelle dei professionisti già incaricati, anche uno specialista neonatologo”, e lo scorso gennaio la procura ha nominato i nuovi consulenti, riaccendendo la speranza per i genitori del piccolo Luigi. “Non ci fermeremo davanti a nulla – dice il padre, Giuseppe Messina -. Mio figlio dovrebbe essere qui insieme alla sua sorellina, invece ci è stato strappato per un intervento che doveva essere di routine, come ci era stato più volte ripetuto”.

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I due interventi chirurgici

Il piccolo è morto dopo aver subito due interventi chirurgici. Il 4 luglio del 2016, dopo una gravidanza regolare, la donna aveva dato alla luce due gemelli, un maschietto e una femminuccia: quello eseguito al Garibaldi-Nesima di Catania era stato un parto programmato alla 34esima settimana. Per il piccolo, però, era stato subito necessario il trasferimento all’Utin – l’Unità di terapia intensiva neonatale – per alcuni problemi respiratori. Da quel momento in poi è iniziato il calvario della coppia. Ad operare il bambino era stata una equipe dell’osepdale San Vincenzo di Taormina, arrivata al Garibaldi quattro giorni dopo la nascita dei bambini. Stando al racconto della famiglia, il giorno dopo il parto, il piccolo è stato estubato, ma reintubato sedici ore dopo, per l’esaurimento delle risorse metaboliche.

I medici si sono così resi conto che il piccolo aveva ancora il dotto di Botallo aperto: il canale che porta il sangue dall’arteria polmonare all’aorta doveva quindi essere chiuso chirurgicamente. “Ci avevano rassicurato tutti – racconta Giuseppe Messina – visto che interventi del genere vengono effettuati frequentemente. Io e mia moglie ci siamo fidati”. E invece è accaduto il peggio, perché dopo l’operazione le condizioni del piccolo Luigi si sono aggravate. “Due medici del San Vincenzo di Taormina e un supervisore però mai citato negli atti – prosegue il papà del bimbo – hanno operato mio figlio, ma invece di mostrare segni di miglioramento, Luigi ha avuto ulteriori problemi cardiorespiratori. L’angio-tac, che sin da subito avrebbe permesso di capire cosa stava succedendo, è stata effettuata solo tre giorni dopo e ciò che è emerso è stato assurdo, visto che il dotto di Botallo in realtà era rimasto aperto, mentre era stata chiusa l’arteria polmonare. Mio figlio, in pratica, respirava con un solo polmone che doveva tra l’altro fare il doppio del lavoro”. I sanitari del Garibaldi hanno quindi informato i cardiochirurghi di Taormina che avrebbero deciso, quello stesso giorno, di eseguire un secondo intervento.

La disperazione dei genitori

“Dopo quella operazione il bambino non si è più ripreso, fino al decesso – continua Messina -. La cosa peggiore è che i medici nella loro relazione riconoscono l’errore, ma attribuiscono il decesso del bambino ad una fantomatica prematurità, che nei verbali non viene nemmeno indicata. Dall’esame autoptico e dagli esami successivi sugli organi di mio figlio è stato chiaro che anatomicamente e morfologicamente tutto era nella norma e aveva raggiunto la piena maturità. Luigino è stato ucciso, la sua vita è stata spezzata ancor prima di cominciare. Io e mia moglie guardiamo la sua sorellina crescere e abbiamo contemporanemante il cuore a pezzi per lui. Non si può accettare una morte del genere, chi ha sbagliato dovrà pagare per l’errore che ha fatto. Nessun altro bambino deve fare la fine del nostro Luigi”.

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26 Giugno 2020, 19:29

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